GIUSEPPE ORONZIO GIANNUZZI

GIUSEPPE ORONZIO GIANNUZZI


(Altamura, 16 marzo 1838 – Siena, 8 marzo 1876) è stato un fisiologo italiano.

“Seppe validamente congiungere l’esperimento fisiologico con l’osservazione microscopica, nel fervore di una pronta genialità meridionale e di una disciplinatissima tempra di lavoro”.

La sua scoperta di maggior rilievo è di certo quella dei corpi semilunari, o semilune, o lunule: formazioni cellulari che si trovano nelle ghiandole salivari sottomascellari. Subito dopo la laurea in Medicina conseguita a Pisa nel 1861, studia a Parigi nel laboratorio di Claude Bernard; nel 1864 si sposta a Berlino alla scuola di Rudolf Virchow sotto la guida di Wilhelm Kühne. È anche a Lipsia nel laboratorio di C. Ludwig. È stato professore di Fisiologia sperimentale presso l’Università di Siena dove ha condotto ricerche originali e ha fondato la “Rivista scientifica”, di cui è stato il direttore.

Nato ad Altamura da una famiglia certamente illustre e con una propensione alle discipline scientifiche. Gli fu dato il doppio nome di Giuseppe Oronzo per onorare e insieme distinguerlo dall’omonimo Giuseppe Giannuzzi, chirurgo di Altamura, morto un anno dopo la sua nascita.

Il padre Ottavio Giannuzzi era notaio e risiedeva con la moglie Vitanicola Simone in via S. Cristo n. 8, oggi rinominata e dedicata al fisiologo che qui ha trascorso l’infanzia fino all’età di 18 anni. Il Giannuzzi conduce a termine gli studi preuniversitari primari e secondari presso il “Seminario e Collegio Cagnazzi” (oggi sede del Liceo Classico), distinguendosi per una forza di volontà “di molto superiore a quella della comune gente”. Nonostante parenti e insegnanti lo sollecitassero a seguire la carriera ecclesiastica come molti suoi amici, a diciannove anni lascia il Seminario dove era entrato dopo il liceo in vista di una non voluta carriera ecclesiastica.

Vincenzo Chierico, compagno di studi e amico d’infanzia del Giannuzzi, ricorda che “sollecitato dai congiunti e superiori a prendere la carriera ecclesiastica, invitato dall’esempio di parecchi compagni che s’inoltravano già per quella via, egli oppose sempre un no risoluto, come una risoluzione di uomo maturo che abbia chiara coscienza della sua missione”. Dopo una breve permanenza a Napoli, va a studiare medicina all’Università di Pisa, in cui è ammesso il 10 novembre 1857 e dove compie l’intero ciclo di studi superando gli esami previsti con plauso unanime delle rispettive commissioni.

Il 30 giugno 1858 supera l’esame di Baccelliere in Medicina e Chirurgia per l’ammissione al II anno, il 6 giugno 1859 ottiene il passaggio al III anno, il 9 giugno 1860 ottiene il passaggio al IV anno superando gli esami di Anatomia umana e comparata, Fisiologia e Chimica farmaceutica, il 17 novembre 1860 ottiene il passaggio al V anno superando gli esami di Patologia generale, di Chirurgica, di Materia medica, di Igiene[4].

Si laurea il 22 giugno 1861, a 24 anni, discutendo la tesi con Vincenzo Centofanti, professore di Ostetricia, fratello di Silvestro Centofanti, uomo politico e letterato italiano dei primi anni dell’800. Come si legge nella registrazione della laurea: “Adì 22 giugno 1861. Il Sig. Giuseppe di Ottavio Giannuzzi di Altamura, si dottorò in Medicina e Chirurgia decretò Monsignore Vicario Luigi Della Fanteria, laureò il Sig.re Prof. Vincenzo Centofanti, erogò il Cancelliere Arc. Sig. Dott. Pietro Donati”.

Tuttavia l’attività di medico pratico è stata ridotta e forse fatta esclusivamente nel periodo delle vacanze estive come usuale un tempo per scarsità di medici. In questa Giannuzzi, consapevole del potere guaritore della natura, segue un orientamento ippocratico secondo cui il medico non guarisce ma aiuta a guarire. Riguardo a ciò, V. Chierico ricorda: “La sua faccia austera e malinconica diventava più piacevole, e con la parola e le speranze e i conforti un potente refrigerio infondeva nell’animo del sofferente”. Assiduo nelle visite, diligente nell’esplorare tutti i fenomeni del morbo, discreto nell’uso delle medicine, adoperandole non pure in rapporto alla malattia speciale, ma più ancora all’indole dell’ammalato e lasciando molto alla natura che per vero, è il medico più valoroso”

Poco prima della laurea riesce a ottenere, dopo aver superato un apposito esame, un posto di medicheria negli Spedali riuniti di Pisa, titolo che gli sarà utile per conseguire uno dei primi Decreti del recente Regno d’Italia che gli consentirà di frequentare le più prestigiose scuole di medicina d’Europa. Già nel dicembre del 1861, pochi mesi dopo la laurea, è a Parigi nel laboratorio di Claude Bernard, nel quale rimane fino al 1863 lavorando sperimentalmente su temi cari al fisiologo francese e dando alla luce, nel gennaio dello stesso anno, tre memorie sui nervi motori della vescica (inizialmente in francese, solo dopo in italiano).

Dopo il proficuo soggiorno parigino, che gli consente di conoscere anche il celebre clinico Charles Edouard Brown Sèquard (1817-1894), nell’estate del 1863, nonostante le difficoltà dovute alla mancanza di fondi del Governo italiano e grazie al sostegno economico dello zio Pietro, si reca a Berlino, nell’istituto di Rudolf Virchow dove lavora sotto la guida di Wilhelm Kühne, e poi a Lipsia nel laboratorio di Carl Ludwig, due dei maggiori fisiologi tedeschi. Questi anni sono fondamentali per la crescita umana e professionale del giovane Giannuzzi che qui conosce colui che sarebbe diventato suo successore sulla cattedra senese e poi maestro indiscusso a Roma, Luigi Luciani. È infatti proprio in questi anni, nel 1865, che egli pubblica la più importante fra le sue opere, nella quale descrive le formazioni semilunari alle quali è ancora oggi legato il suo nome.

Completato il periodo dedicato allo studio nei più importanti laboratori dell’epoca, Giannuzzi, carico di una inusuale esperienza per un giovane medico, decide di tornare in Italia e di dedicarsi interamente alla fisiologia, seguendo i più moderni indirizzi conferiti alla disciplina dalla interdisciplinarità con la fisica e la chimica, in virtù di una costante attività di sperimentazione.

Appena ritornato, frequenta, all’Istituto superiore di Firenze, il laboratorio di Moritz Schiff, il fisiologo tedesco esule in Italia per aver attivamente partecipato ai moti rivoluzionari del 1848, interessandosi, come quest’ultimo, agli studi sul sistema nervoso.

La Carriera Accademica

Già il 5 aprile 1866 è a Siena come aiuto alla cattedra di Zoologia e Anatomia comparata tenuta dall’anatomico Atto Tigri. Nel novembre dello stesso anno inizia la sua carriera quale professore straordinario di Fisiologia nell’Università di Siena, considerata “università minore” dopo la Legge Matteucci del 1862 e perciò costretta a sopravvivere nonostante i pochissimi fondi destinatigli dal governo. Gli insufficienti contributi ministeriali provocano un forte calo del numero di iscritti all’università toscana e rendono impossibile il confronto con i più moderni e attrezzati laboratori d’Europa, costringendo il Giannuzzi a fare ricerca in condizioni estreme.

Come si può leggere in una lettera a Corrado Tommasi Crudeli: “Non ho mai creduto che esclusivamente coi grandi mezzi si può far progredire la scienza; è però indubitato che lo stato attuale del gabinetto fisiologico dell’ Università Senese, nel quale manca perfino una bilancia di precisione e per fare una analisi bisogna ricorrere al laboratorio di chimica, è tale da mettere in imbarazzo e da paralizzare l’attività anche degli uomini di mente la più eletta e non povera come la mia. Ecco, caro amico, con quali difficoltà combatto da circa due lustri; in essi quante speranze, quante illusioni non sono svanite!”. Nonostante un laboratorio male attrezzato che poteva vantare a mala pena un microscopio, privo di personale e ancor più di risorse finanziarie, il Giannuzzi non si dà per vinto e inizia a lavorare e insegnare introducendo anche sostanziali modifiche. Divide il corso in due anni, il II e il III, trattando nel primo la “vita vegetativa” e nel secondo la “vita animale”, facendo fare ai suoi pochi studenti molteplici esercitazioni pratiche di istologia, disciplina che amava particolarmente. Elimina i vecchi testi a favore di più recenti traduzioni di classici francesi e tedeschi.

Il 6 dicembre 1866 è nominato all’unanimità Socio ordinario dell’Accademia dei Fisiocritici, per la quale lavorerà attivamente. Il 1869 è per il Giannuzzi un anno pieno di soddisfazioni nonostante, l’anno precedente, avesse perduto il padre. Il 12 luglio infatti viene nominato professore ordinario di Fisiologia dell’Università di Siena e direttore del relativo Gabinetto. Nello stesso anno è insignito del titolo di Cavaliere dell’Ordine della Corona d’Italia e fonda un nuovo giornale, la “Rivista Scientifica”, di cui è direttore. Raggiunta la sicurezza economica e la stabilità accademica, il 4 novembre 1869 sposa, nella chiesa di S. Andrea a Siena, Giustina Mocenni, diciottenne, figlia del Cav. Alessandro, ricco proprietario terriero, e della nobile Caterina Landi, nonostante nove anni prima avesse scritto alla madre che le donne toscane “per quello che ho visto, in generale sono brutte e poi il tipo loro non mi piace affatto”.

Si stabilì a Siena in via di Città n. 8, di fronte alla Costarella che dà sul Campo. Gli importanti contatti con l’estero in virtù delle sue esperienze giovanili, gli consentono di diffondere i propri risultati e di confrontarsi con i maggiori fisiologi dell’epoca. Rilevante è il rapporto con Claude Bernard che mostra profondo apprezzamento per gli studi che Giannuzzi effettua sul pancreas, tanto che comunica, all’Accademia delle Scienze di Parigi, le conclusioni tratte dal Giannuzzi; quest’ultimo infatti, nonostante un laboratorio mal attrezzato, giunge agli stessi risultati dei suoi colleghi più noti Langerhans e Wilhelm Kühne.

“È questa una delle più belle prove che stanno contro l’asserzione di coloro, che in pieno meriggio del secolo decimonono credono poco a quello che ci fa vedere il microscopio! Il difetto non sta nello strumento; ma nel modo d’osservare, e nei preconcetti dai quali sono animati molti osservatori”.

Tuttavia a causa della scarsezza dei mezzi a sua disposizione, chiede di essere nominato ordinario di Anatomia nelle più prestigiose Università di Napoli e Torino. Nonostante si classifichi primo in ben due concorsi per la cattedra piemontese, gli viene preferito, entrambe le volte, il terzo in graduatoria, il prof. Delorenzi. Tale vicenda è accolta con sdegno dal futuro Ministro della Pubblica Istruzione Corrado Tommasi Crudeli, molto amico del Giannuzzi che gli dedica una sua opera, il quale si dimette in segno di protesta da membro del Consiglio superiore della PI.

La vicenda getta nello sconforto il Giannuzzi, inducendolo a considerare l’accaduto come disconoscimento dei propri meriti scientifici. “Con la nomina del Delorenzi non sappiamo quanto giustizia sia stata fatta dal Ministero, è certo che è stato preferito a chi in due concorsi era stato messo avanti. Infino a che la lotta era viva, per lasciare libero il corso alla giustizia, noi abbiamo taciuto; ma ora che siamo avanti a un fatto compiuto e contro l’aspettativa di tutti, non possiamo far almeno di deplorarlo.”

Giannuzzi, chiuso nel silenzio del suo Gabinetto, con i pochi mezzi a sua disposizione, continua a lavorare, insieme al suo ex-studente Giovanni Bufalini, sulla struttura del pancreas, sulla bile, sulla trasfusione del sangue in specie diverse, sul sistema nervoso simpatico e pubblica i risultati sulla “Rivista Scientifica” e sugli “Atti dell’Accademia”. È chiamato a collaborare, come direttore di una sezione, alla grande Enciclopedia Medica Italiana della Vallardi.

Nel primo volume redige la voce “Alimenti”; in circa venti pagine espone le conoscenze ultime della chimica e della fisiologia della nutrizione. Negli anni 1874-1875, si dedica a argomenti più pratici quali quelli “Dell’influenza della temperatura dell’ambiente sulla cura delle ferite” e pubblica varie osservazioni circa il problema delle trasfusioni.

Nel novembre del 1875 inizia la consueta attività di professore di Fisiologia ma il 19 gennaio, a causa di una presunta malattia all’apparato digerente, si fa sostituire dal caro assistente Giovanni Bufalini.

A pochi giorni dal suo trentottesimo compleanno, l’8 marzo 1876 si spegne alle tre del mattino.

L’indomani, la salma del Giannuzzi è accompagnata al Camposanto monumentale di Siena. Sono presenti il Prefetto in rappresentanza del Governo, il Sindaco e altre autorità, la Facoltà medica chirurgica, l’Accademia dei fisiocritici, rappresentanti dell’Università di Pisa e dell’Istituto Superiore di Firenze fra cui il prof. Moritz Schiff, che, per quanto sofferente, si reca personalmente per porgere l’estremo saluto al suo collega e aiuto. La notizia della morte del Giannuzzi giunge ad Altamura, sua terra natale, poche settimane dopo.

Per ricordarlo, il 30 marzo 1876, nella chiesa di San Domenico, la città organizza una cerimonia funebre alla quale partecipa la cittadinanza, le autorità locali, i professori e tutti gli alunni del Collegio “Cagnazzi”, frequentato in gioventù dallo stesso fisiologo. Tuttavia appena tre giorni dopo il decesso, la salma di Giannuzzi viene riesumata e sottoposta ad autopsia a seguito di un rapporto del Procuratore del Re. La perizia chimico giudiziaria eseguita dal prof. Selmi di Bologna non esclude che la morte sia avvenuta per cause non naturali.

Il 24 ottobre infatti il Procuratore prosegue l’istruttoria e arresta la moglie Giustina e Claudio Corsi, un falegname trentaduenne, accusati di “omicidio premeditato”. Il 28 giugno viene ordinata una nuova perizia giudiziaria con nuova esumazione e nel dicembre gli imputati ottengono libertà provvisoria. Solo il 14 giugno 1879 l’istruttoria viene chiusa con un “non luogo a procedere” e la pratica viene archiviata. Pochi giorni dopo Giustina Mocenni emigra dal Comune di Siena

Luigi Luciani (1840-1919), uno dei più importanti maestri di fisiologia sperimentale, nel suo trattato “Fisiologia dell’uomo” (1901) riprende continuamente le osservazioni e i risultati a cui era giunto Giannuzzi.

G. Lambertini, che è stato anatomico a Napoli, parla del Giannuzzi nel suo Dizionario anatomico ormai quasi introvabile. Più tardi, nel 1940, il fisiologo G. Brugi (1904-1944) illustra l’opera anatomica di Giannuzzi. Altri istologi confermano la scoperta delle semilune, come Albert von Kölliker (1817-1905) e Rudolf Heidenhain (1834-1897). Le semilune del Giannuzzi, chiamate anche “lunule”, sono infatti nel novero delle cognizioni scientifiche più sicure. Furono battezzate dal fisiologo Michele Mitolo “capillari del Giannuzzi” o “corpi semilunari”.

 

Le Opere Maggiori

  • “Recherches physiologiques sur les nefs moteurs de la vessie.” Comptes rendus de l’Academie des Sciences de Paris, 1863

  • “Die Eirnwirkung der Eiverisskorper au Wasserstoffhyperoxid”. Virchows’ Archiv, Berlin, 1864

  • “Von der Folgen des beschleunigten Blutstroms fur die Absorderung des Speichels”, Gasellscharft der Wissenschaften. Mathem. Physische Klasse, Sitzung 27 novembre 1865

  • “Contribuzione alla conoscenza dell’intima struttura del pancreas (I tavola a colori)”, Comunicazione fatta alla R. Accad. dei fisiocratici il 1 agosto 1869 e Comptes rendus de l’Academie des Sciences de Paris 1869

  • “Di alcuni rapporti esistenti fra le radici sensitive del midollo spinale e sulla perdita dell’eccitabilità delle medesime allorché sono disgiunte dai loro centri nutritivi”, Rivista scientifica, Siena, 1872

  • ‘“Alcune esperienze sulla trasfusione di sangue di diversa specie e da servire per la conoscenza dell’ematologia animale”, Rivista scientifica, Siena 1873

  • “Dell’origine dei nervi del gransimpatico che influenzano la secrezione ed il circolo sanguigno della ghiandola sottomascellare, del loro modo d’azione e di quello dei nervi sensitivi sulla medesima”,Comunicazione fatta alla R. Accad. dei fisiocratici l’8 agosto 1875

  • “Alimenti”, Enciclopedia medica italiana, Vallardi, Milano s.d. pp. 667–681 del vol. I (1)