LE CHIESE

LA CATTEDRALE

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( foto di Luca Bellarosa)

La Cattedrale di Altamura, situata in terra di Bari- in Puglia, è dedicata a Santa Maria Assunta, la Madonna dell’Assunta e rappresenta il centro religioso, storico e artistico della città.
La Cattedrale di Altamura ha un unico e suggestivo aspetto grazie alla sua varietà di influenze artistiche e grandi cambiamenti che hanno avuto luogo nel 16 ° secolo. La sua pesantezza generale e austerità riflette le sue origini del tardo romanico sotto Federico II e le torri gemelle della facciata ricordano le cattedrali medievali della Germania. Fu stata fatta costruire tra il 1230-1232 per volontà di Federico II di Svevia, il quale, dopo aver ricostruito Altamura, fece costruire la cattedrale libera e esente da ogni giurisdizione sia del vescovo locale che dell’arcivescovo. Era soggetta solo all’imperatore che nominava l’arciprete, e alla Chiesa di Roma. La bolla papale, emessa da Papa Innocenzo IV approvava la nomina dell’arciprete e dei privilegi dell’imperatore. Il primo arciprete fu il decano Riccardo da Brindisi, un parente stretto dell’Imperatore. Il tempio santo assembla una varietà di stili (romanico-pugliese, gotico, barocco, Moresco), ben miscelati insieme, come per dare la percezione di una bellezza armonica. Alcuni studiosi parlano addirittura di uno stile tipico dello stesso Federico per il tocco personale che l’imperatore fu in grado di imprimere alla sua costruzione, un’impronta che è rimasta intatta nel magnifico portale, nei capitelli delle colonne interne, nelle bifore e nei matronei.

Il Duomo, in origine, non era così come lo vediamo oggi: l’ingresso era sul lato opposto con un magnifico portale e due porte laterali, l’abside si trovava sulla facciata attuale, la bifora (con due luci), che è attualmente su l’Arco di Duomo era collocata al posto in cui si trova ora il rosone. C’era un solo campanile, quello sulla destra, senza il terzo piano (livello) e senza la cupola. La consacrazione avvenne intorno al 1270 sotto Carlo d’Angiò.
Il 29 gennaio 1316 il tempio fu parzialmente danneggiato molto probabilmente a causa di un terremoto o per un incidente per un crollo a causa dei lavori che si stavano svolgendo per aumentare i piani sul campanile. Questa ipotesi sembra essere sostenuta dalla successiva costruzione della torre ottagonale bloccata alla base della torre. Secondo alcuni storici il crollo della cattedrale è stata l’occasione per gli Angioini per cancellare le prove culturali lasciate da Federico, il grande imperatore, che era il loro terribile nemico. Tra i lavori di ricostruzione della corrente facciata principale Roberto I d’Angiò fece costruire una porta che si affaccia in piazza Duomo affidando l’incarico ai figli della famiglia Consiglio di Bitonto. L’evento è ricordato in un’iscrizione posta sull’arco sopra la porta che si affaccia sul lato nord in piazza Duomo, fatta apporre in quell’anno per volere del re Roberto d’Angiò. Nel 1485 la chiesa ottenne il privilegio di essere elevata dal rango di parrocchia ad una chiesa collegiata e quindi ci fu un aumento significativo del numero dei membri del Capitolo.

Con l’arciprete Francesco Rossi, di Altamura, nominato dal re di Napoli Ferdinando I d’Aragona, iniziarono i lavori di ampliamento dell’edificio con la costruzione della nuova canonica (coro) e la sala capitolare, lavoro che è stato terminato nel 1494 come testimonia la presenza di tre stemmi, quello di Ferdinando I di Aragona collocato sull’attuale parete posteriore, l’altro sopra la porta che porta alla chiesa da Via O. Candiota e l’ultimo, sulla parete sinistra, non appena si accede da questo lato, che mostra la data della morte del re.
Il lavoro fu ripreso nel 1521 dopo la morte di Francesco Rossi e si concluse solo nella prima metà del XVI secolo, con la nomina dell’arciprete Niccolò Sapio, un sacerdote di Altamura, non nominato dal sovrano, ma da papa Clemente VII che ignorò il decreto reale. Niccolò proseguì l’opera incompiuta: cambiò e modificò l’architettura del luogo sacro, sostituendo il primo ingresso della cattedrale da Ovest a Est, fece costruire anche il coro, il pulpito e la sedia vescovile, il tutto in legno di noce. Una iscrizione incisa in latino nel coro in legno recita: “ANNO DOMINI MCCCCXXXXIII in tempore NICOLAI SAPII ARCHIPTR” “Nell’anno del Signore 1543, al tempo di Nicola Sapio, l’arciprete”.

Dopo, nel 1550, lo spagnolo Vincenzo di Avyla de Salazar, nominato dall’imperatore Carlo V d’Asburgo, si impossessò con la forza delle armi, abbattendo la porta della cattedrale che i chierici gli avevano chiuso in faccia per impedirgli l’ingresso. La nuova porta fu fatta in legno di noce, frassino e larice dal Maestro Pietro de Marzano e fu sormontata da una scritta (da parte di Francesco de Nunno) per ricordare che la chiesa era sotto collazione reale (giurisdizione). La stessa porta (come risulta da un’aggiunta alla vecchia iscrizione, fu restaurata nel 1660). Questo prelato, seguendo le orme dei suoi predecessori, ordinò la costruzione del secondo campanile, quello a sinistra, in direzione sud, (1551-1555) facendo affiggere sul fronte tre stemmi scolpiti nella pietra: l’imperatore Carlo V al centro, il viceré Pietro da Toledo a destra e l’arciprete Salazar a sinistra. Sotto gli stemmi è possibile vedere l’iscrizione, rovinata nella parte finale, che riporta gli eventi più importanti vissuti dalla Chiesa di Altamura. Durante il periodo dell’Arciprete Antonio de Rinaldis (1727-1746), furono costruiti i terzi livelli dei due campanili con le cupole sopra di loro e così anche la “loggetta”.

 

L’ESTERNO
L’esterno: una meraviglia architettonica che armonizza le trasformazioni di varie età; le svettanti torri campanarie si stagliano verso il cielo, come per sottolineare il mistero della Vergine Maria Assunta in cielo con cui Federico II, anche se considerato da una certa letteratura settaria del tempo come Anticristo e ateo, ha voluto dedicare questo unico monumento religioso, a testimonianza della sua fede e devozione alla madre di Cristo.
Possiamo apprezzare vari stili architettonici: le magnifiche due torri campanarie( in stile romanico) che sono caratterizzate al secondo livello da bifore (in stile gotico).
I due campanili possono sembrare identici al primo sguardo, ma sono diversi e appartengono a diversi periodi: quello a destra rappresenta la torre della prima costruzione, al tempo dell’imperatore Federico, intorno al 1232. Si innalzava fino al secondo livello e si trovava nella facciata posteriore dato che l’ingresso era sul lato ovest. La torre a sinistra fu, probabilmente, costruita tra il 1551 e il 1555 fino al secondo livello quando era in carica l’arciprete Vincenzo de Salazaar. Durante il periodo dell’Arciprete Antonio de Rinaldis (1727-1746) sono stati costruiti i terzi livelli dei due campanili con le cupole sopra di loro “.

 La Loggetta (balcone, veranda) fu costruita nel 1729, quando il l’arciprete era Antonio De Rinaldis. Al centro, sotto l’arco possiamo vedere la statua della Vergine “Assunta”, a sinistra la statua di S. Pietro, con le chiavi e sulla destra la statua di S. Paolo, con la spada. Tutte le statue, in Mazzarò (un tipo di pietra locale) furono scolpite da un prete di Altamura, di nome don Nicola Masiello. Con la costruzione della loggetta i campanili sembravano in qualche modo schiacciati (premuti) su tutta la facciata) pertanto l terzi livelli (con torri più piccole) furono costruiti con le rispettive cupole. Le cupole furono fatte in tufo (stile barocco) per abbinarsi alla loggetta. (Con linee concave arrotondate e con il posizionamento finale di piccole croci e bandiere la cattedrale raggiunse l’altezza di metri 45,70.

 Il rosone Supportato da un piccolo telamone, fu probabilmente costruito intorno al 1550, è ornato da motivi floreali. Al centro c’è il “Agnus Dei”, l’agnello di Dio “. Dal centro si diramano verso l’esterno 15 esili colonne che terminano con archi arabeschi intrecciati, racchiusi in tre anelli concentrici riccamente decorati. I capitelli sono diversi l’uno dall’altro. In una forma di ruota con 15 raggi e non 12, come si vedrebbe di solito in un rosone, essa rappresenta forse la data del 15 agosto, quando viene celebrata la festa religiosa della Madonna Assunta.

 

La Bifora
La bifora posizionata sull’Arco Duomo risale al 1232 ed era collocata al centro quando la facciata principale era sul lato ovest della cattedrale e, insieme con l’abside e un solo campanile (quella che vedete sulla destra ora) fino al secondo livello caratterizzavano la facciata.
La finestra gotica originale dell’abside, che fu messa al centro sin dall’inizio della costruzione originale della cattedrale nel 1232, fu spostata verso il lato sinistro per fare spazio al rosone. Essa richiama alcuni motivi presenti nel portale: possiamo vedere due colonne laterali supportate da due leoni e una ricca decorazione a foglia che fa da cornice. Possiamo anche ammirare una varietà di animali, tra questi leoni, elefanti, Grifoni, serpente posti sulla facciata principale e anche sulle pareti laterali solo perché erano tipici delle decorazioni in Puglia e anche perché Federico II amava gli animali, egli era infatti certamente un buon cacciatore.

 

Gli stemmi

I tre stemmi risalgono al 1550. Quello al centro, il più grande, rappresenta l’imperatore Carlo V d’Asburgo; quello a destra rappresenta il decano Vincenzo de Salazar e quello a sinistra il vice-re Pietro da Toledo. Questi stemmi furono fatti volutamente mettere dal decano V. Salazar per confermare e dimostrare pubblicamente che solo l’imperatore poteva nominare un decano. Questo purtroppo, non può essere chiaramente decifrato dall’iscrizione.

 

Il portale gotico
L’attrazione principale della cattedrale di Altamura è il suo portale, costruito nel XIV secolo, dopo il crollo che ebbe luogo nel 1316, sotto il regno di Roberto d’Angiò, quando l’ingresso fu spostato dalla facciata ovest verso il lato est. Sotto l’apice ci sono gli stemmi della regina Giovanna I d’Angiò e il marito Luigi d’Angiò, del ramo di Taranto. Sopra lo stemma c’è una piccola statua del Cristo benedicente seduto sul trono.
Il singolare portale ha un insolito stile locale con influenze gotiche e romaniche. È particolarmente notevole per la sua ricchezza di molteplici particolari: un gran numero di scene bibliche sono raggruppate in un piccolo spazio. I suoi effetti sono ottenuti da forti contrasti a causa della pesante intagliatura e strombatura. Il portale presenta un timpano che è caratterizzato dalla bella Madonna col Bambino affiancata da due angeli inginocchiati. In contrasto con il resto del portale, questa parte è spaziosa e serena. L’architrave sottostante è occupata da un’affascinante rappresentazione dell’ultima cena con i dodici discepoli. Il lungo tavolo rettangolare è cosparso con pagnotte di pane, coppie di pesci e ceste. Invece della sua solita posizione nel centro, Cristo è seduto nell’estrema sinistra, dove viene abbracciato e baciato sulla guancia da una persona dai capelli corti e senza barba. Questa è probabilmente una variazione sul filo conduttore del vangelo di Giovanni, “il discepolo prediletto”, che è appoggiato sul suo petto mentre cenavano. Alternativamente, anche se la scena è sbagliata e il gesto sembra troppo tenero, potrebbe rappresentare il Bacio di Giuda (che, secondo i Vangeli, ebbe luogo all’esterno nel giardino). L’archivolto interno del portale è scolpito con lunghe viti che crescono da vasi sorretti dalle donne alla base, essendo l’acqua una fonte importante di vita. L’archivolto esterno è incorniciato dalla scena dell’Annunciazione, con l’Arcangelo Gabriele a sinistra e la Vergine Maria sulla destra. Tra queste due figure più grandi ci sono 22 scene in miniatura della vita di Cristo, il balcone tra i due campanili con le statue della Vergine Assunta, San Pietro con le chiavi (a sinistra) e St. Paul con la spada (a destra). E così anche i terzi livelli di entrambi i campanili con le cupole furono costruiti in stile barocco per abbinarsi alla loggetta. La superficie della chiesa è di 1.188 metri quadrati (54×22), raggiungendo 45.70 metri di altezza. L’intera chiesa fu restaurata nel suo interno tra il1854-1861 dall’arciprete Falconi che sostituì il pavimento in marmo, rivesti le parti inferiori delle colonne in marmo e dipinse le parti superiori con stucchi che assomigliavano al marmo arricchendole con una ricchezza di dorature. L’interno della cattedrale misura metri 35,50 di lunghezza, metri 18 metri di larghezza e 23,80 di altezza. Nel 1869 fu dichiarato monumento nazionale. Nel febbraio del 1975 furono fatte le prime opere di consolidamento statico finanziate dalla Cassa del Mezzogiorno, e all’inizio del 2000 un nuovo lavoro di restauro fu fatto sia all’interno che all’esterno, che portò anche a nuove scoperte.

 

La Porta Angioina
Il lato nord della cattedrale non è stato mai modificato sin dalla sua costruzione nel 13° secolo. Le grandi arcate cieche sono forate da finestre gotiche sottili, su cui scorre un elegante triforio. Il terzo arco contiene una profonda nicchia chiamata Porta Angioina, che è stato costruito nel 1316) per volere del re Roberto I d’Angiò dai figli di Consiglio, cittadini della città di Bitonto, esperti nell’arte. Lo stemma con l’iscrizione dedicatoria che appare sopra di esso testimonia questo. L’iscrizione in latino nel timpano recita: “Sono una cappella regale, nessuno osi sfidarmi, perché io, Roberto protetto dal cielo la proteggerò”. Il testo è una chiara testimonianza per l’indipendenza della chiesa di Altamura da qualsiasi giurisdizione del vescovo e arcivescovo, soggetta solo alla autorità papale. Più in alto c’è un bassorilievo di un sorridente San Michele, l’Arcangelo in piedi sul drago. Le 12 trifore risalgono al tempo di Federico. Decorata con motivi floreali, lavorata con precisione, con un telaio interno con bordo seghettato, la porta è un tipico esempio di lavoro scolpito angioino del 14° secolo. La porta di legno è decorata in alto con pannelli costituiti da un lavoro di alto rilievo raffigurante San Pietro, l’Assunta, San Giuseppe e San Paolo e degli stemmi araldici, compreso l’emblema della città di Altamura, nonché in basso un numero di facce barbute.

 

L’Interno
Dopo aver ammirato l’esterno dell’edificio, incantati dalle forme semplici e dall’elegante capolavoro in pietra, entrando nella cattedrale non si può non essere sorpresi. L’interno, infatti, non è quello che ci si aspetterebbe di trovare. È il risultato di un intervento laborioso e costoso di modernizzazione e di restauro tra il 1854 e il 1860 sotto la prelatura di Giandomenico Falconi. Il lavoro fu affidato a Federico Travaglini, coadiuvato dall’architetto Corradino de Judicibus. La chiesa perse la sua antica semplicità quando le sue colonne di pietra furono coperte di marmo bianco e verde proveniente dalla Calabria, con stucchi dipinti. Furono risparmiati solo i capitelli. Il soffitto ligneo fu ricostruito, decorato con stucchi e dorature, su cui furono affissi gli stemmi delle più famose famiglie che governarono il Regno di Napoli (angioina, aragonese, Asburgo, Savoia), così pure quelli di Pio IX e del prelato Falconi. L’interno fu anche ben presto trasformato in una grande galleria d’arte. Furono chiamati famosi artisti napoletani del XIX secolo che con le loro opere abbellirono le 12 cappelle laterali. L’interno della chiesa è a pianta di basilica romanica a tre navate ed il piano strutturale è quello del tempo di Federico: un rettangolo con una navata centrale, due navate laterali L’ingresso attuale, in origine, era l’abside. I suoi resti sono stati riportati alla luce nel 1997 da uno scavo effettuato dalla Soprintendenza per i beni Archeologici, Artistici e Storici della Puglia. Lo scavo ha portato alla luce ventitré tombe contenenti alcuni resti umani e alcuni elementi di corredo.

 

La navata centrale
La navata centrale è caratterizzata da 14 colonne cilindriche, tutte con una base ottagonale, sormontate da bei capitelli. I pilastri sostengono archi a tutto sesto, sopra di loro e su entrambi i lati della navata centrale possiamo apprezzare doppie bifore, con vari capitelli di diversi stili e forme. Le piccole finestre sono anche collegate tra loro da archi a tutto sesto e forniscono luce ai matronei su entrambi i lati.

 Le due acqua santiere

Entrando nel tempio vediamo subito a destra e sinistra due acqua santiere in marmo realizzate nel 1735 raffiguranti la Madonna come si è sollevata al cielo circondata da angeli, il tutto in uno stile barocco.

Il pulpito in pietra
Inoltre sulla destra vediamo l’ambone, un antico pulpito in pietra bianca, appoggiato alla porta che conduce alla torre campanaria che domina piazza Duomo. Secondo il sacerdote Santoro Orazio, il pulpito realizzato in pietra calcarea di Putignano fu costruito nel 1545 dal maestro Francesco Pogheso anche di Putignano. Sempre secondo Santoro, la sua collocazione originale sarebbe stata accanto alla sedia episcopale vicino al primo pilastro nel presbiterio. Fu collocata nel posto attuale nel 1969. Ha una forma ottagonale con 7 sottili colonne che sostengono i pannelli raffiguranti scene bassorilievo della vita di Cristo. I capitelli presentano decorazioni grottesche. Era utilizzato per leggere passi della Bibbia e le letture per la Messa.

 

Il Presbiterio
E ‘ il risultato del grande lavoro di ampliamento della chiesa, che ebbe inizio quasi subito dopo il privilegio concesso nel 1485 che sollevò la chiesa da parrocchia a distinta Chiesa Collegiata con un aumento significativo del numero di canonici e dei cappellani. La necessità di un ampliamento dell’edificio non poteva essere rinviata. Il lavoro, però dovette subire una battuta d’arresto nel 1494, anno della morte del re Ferdinando I d’Aragona. L’arciprete Francesco Rossi di Altamura poté riprendere i lavori solo nel 1521, poiché il presbiterio necessitava urgenti lavori di riparazione essendo stato abbandonato per diversi anni. Non riuscì, però, a completare il lavoro poiché morì nel 1527, mentre in Altamura infuriava la peste. Fu il suo successore, Niccolò Sapio che completò i lavori, dando consolidamento alle strutture e commissionando la progettazione dell’interno. Affidò a tre artisti napoletani la costruzione del prezioso coro ligneo, della sedia episcopale, del pulpito, mentre la pala fu dipinta da Leonardo Castellano. Ciò che colpisce il visitatore, mentre attraversa l’ingresso principale, è la maestosità dell’altare principale. Costruito nel 1735 con marmo bianco e policromi che  sostituì quello in legno uno del Cinquecento. Nel 1793 il fratelli Cimafonte di Napoli lo abbellirono ponendo al centro la pala.
Nello stesso anno le statue del Padre Eterno, dei due cherubini in ginocchio, dello Spirito Santo e dell’aquila a due teste furono fatte dallo scultore Antonio Beliazzi. L’aquila a due teste  era il simbolo araldico di Carlo V d’Asburgo, che era l’imperatore durante la costruzione del tempio, mentre i due Serafini furono scolpiti nel 1879 da Francesco Paolo Evangelista. Alzando gli occhi al soffitto, è possibile vedere ai quattro angoli delle grandi arcate laterali gli affreschi dei quattro Evangelisti, opere di Molinari.

 

La Pala
Il dipinto dell’Assunzione della Vergine del 1546 è una delle poche opere superstiti del pittore napoletano Leonardo Castellano, artista ben noto nel suo tempo. L’ opera fu commissionata a lui nel 1545 dall’arciprete Niccolò Arciprete Sapio e fu completata l’anno successivo quando fu inviata da Napoli con le decorazioni prospettiche di legno, assemblate localmente dal Maestro Virgilio Imperato, un doratore professionale. La pala dovette attendere fino 1548 per essere collocata al suo posto. Il maestro Leonardo trascorse un periodo di tempo tra marzo 1547 e giugno dell’anno successivo a ritoccare e completare il quadro. Fu sicuramente in questo periodo che dipinse nella parte retrostante di San Pietro, la figura di un uomo con la barba e un cappello, probabilmente si tratta di Niccolò Sapio, il decano, ritratto nella posizione di preghiera. Nel 1793, quando il prospetto in legno fu sostituito con quello in marmo, il quadro fu ridotto alle dimensioni attuali dal pittore Paolo Linari, che accorciò la tela sia in alto che in basso.

 

Il coro
Il coro in legno, insieme con la sedia episcopale e il pulpito, sono una testimonianza dell’arte napoletana di intaglio del XVI secolo.
I tre artisti che hanno lavorato qui costruendo un vero e proprio capolavoro sono: Colantonio Bonafida, Teodoro Marzano e Candiloro di Fanello.
Il coro, diviso in due parti, consiste di 64 banchetti, divisi in due livelli: 38 nella parte superiore, e 26 in basso, (ogni lato avente 19 banchetti nella parte superiore e 13 in basso). Quelli superiori, sotto forma di una nicchia, sono delimitati da sottili colonne e hanno la schiena scolpita in bassorilievo con figure di santi e Virtù personificate. Quelli in basso sono divisi da mensole e hanno braccioli lavorati con motivi vegetali e animali. Guardando l’altare maggiore, sulla sinistra c’è la scritta che indica l’anno di completamento e il nome del Arciprete che commissionò il lavoro, a destra i nomi degli artisti che crearono l’opera. La sedia episcopale, durante il recente restauro, è stata spostata dalla sua posizione originale e posta al centro dell’altare maggiore, nel suo retro c’è un bassorilievo raffigurante la conversione di St. Paul, e sopra, nella zona centrale, un baldacchino intagliato con l’emblema dell’Arciprete Niccolò Sapio. La balaustra in marmo che circondava l’intera area, costruita nel 1823 dai marmisti Gaetano Gravone di Napoli e Giuseppe Scala di Corato, è stata in gran parte smantellata e alcune parti sono state utilizzate per contenere l’altare centrale.

 

Il Pulpito
Finemente intagliato in legno di noce, è il lavoro degli stessi artisti che hanno creato il coro e la sedia episcopale.

Gli organi
Su entrambi i lati delle pareti perimetrali del coro, in fondo alle due navate laterali, ci sono due organi. Il più piccolo a sinistra, è l’opera degli altamurani Fratelli Baldassarre, costruttori di organi per chiesa e fu costruito nel 1860, l’altro, invece, con 72 voci, è stato acquistato dalla ditta Bossi-Vegezzi, di Torino nel 1879.

 

Il soffitto
I lavori più importanti di ristrutturazione realizzati nel XIX secolo interessarono anche il soffitto che fu completamente rinnovato.
Il nuovo soffitto ligneo fu arricchito con stucchi e dorature. Una serie di emblemi (stemmi) ripercorre idealmente la storia del monumento ricco di raccoglitura reale (impronte, segni, prove). Sul soffitto del tempio, a partire dal presbitero, ci sono gli stemmi di Pio IX e dell’arciprete Giandomenico Falconi (commissario del restauro), andando avanti verso l’uscita, nella prima sezione, l’aquila a due teste, erroneamente messo lì per indicare lo stemma di Federico II di Svevia e ulteriormente quello angioino. Questo è seguito, nella seconda sezione, dallo stemma di Aragona, poi di Carlo V d’Asburgo e, infine, nella terza sezione, quello della Casa di Savoia.

 

 

 

eng-flag-flat THE CATHEDRAL

Historical information
The Cathedral of Altamura, situated in the land of Bari- in Apulia, is dedicated to Santa Maria Assunta, our lady of the Assumption and it represents the religious, historical and artistic centre of the city.

Altamura Cathedral has a unique and striking appearance thanks to its variety of artistic influences and major changes which took place in the 16th century. Its overall heaviness and austerity reflects its late Romanesque origins under Frederick II and the twin towers of the facade are reminiscent of the medieval cathedrals of Germany.

It was built between 1230-1232 on the will of Frederick II of Swabia, who, after having rebuilt Altamura, had the cathedral built free and exempted from every jurisdiction both of the local bishop and archbishop. It was only subject to the emperor who appointed the archpriest (dean), and to the church of Rome. The papal bull, issued by pope Innocenzo IV approved the appointment of the dean and the privileges of the Emperor. The first dean was Riccardo da Brindisi, a close relative of the Emperor. The holy temple assembles a variety of styles (Romanic-Apulian, Gothic, Baroque, Moresco), nicely blended together as to give the perception of one harmonic beauty. Some scholars even speak of a style typical of Frederick himself for the personal touch that the emperor was able to impress upon its construction, imprint that has remained intact in the magnificent portal, in the capitals of the interior columns, in the mullioned windows and  in the women’s galleries.

The Cathedral, originally, was not as we see it today: the entrance was on the opposite side with a magnificent portal and two side doors, the apse was located on the current façade , the mullioned window ( with two lights), which is currently on the Arc of Duomo was displayed where the rose window is  at present .There was only one bell tower, the one on the right, without neither the third floor (level) nor the dome. The consecration took place around 1270 under Charles of Anjou.

On 29 January, 1316 the Temple was partially damaged most probably by an earthquake or by a collapse accident due to the work which was going on in order to raise the bell tower. This hypothesis seems to be supported by the subsequent construction of the octagonal tower clamped at the base of the tower. According to some historians the collapse of the cathedral was an opportunity for the Angevins to erase the cultural evidence left behind by Frederick, the great emperor, who was their terrible enemy. Amongst the reconstruction work of the current main façade Roberto I of Anjou entrusted the building of a door that looked into Piazza Duomo to the sons of Consiglio family of Bitonto. The event is remembered in an inscription placed on the arc over the door that faces the North side, looking into piazza Duomo, built in that year for the will of King Roberto of Anjou.
In 1485 the church obtained the privilege of being elevated from the rank of Parish to a collegiate church and therefore there was a significant increase in the number of Chapter members.

Under the archpriest Francesco Rossi, of Altamura,  appointed by the King of Naples Ferdinand I of Aragon, the work of  building extension begun with the construction of the new presbytery( chancel) and chapter house, work that was finished in 1494 as evidenced by the presence of three coats of arms, the one  of Ferdinand I of Aragon placed on the current posterior  wall, the other one over the door that takes to  the church from Via O. Candiota and the last one ,on the left wall, as soon as you enter from this side, which shows the date of the king’s death. The work was resumed in 1521 at the death of Francesco Rossi and ended only in the first half of the sixteenth century with the appointment of dean Niccolò Sapio, a priest from Altamura, not named by the sovereign, but by Pope Clement VII who ignored the royal decree. Niccolò continued the unfinished work: he changed and modified the architecture of the sacred place by replacing the initial entry of the cathedral from West to East, he also built the choir, the pulpit and the bishop chair, all in walnut wood. An inscription engraved in Latin the choir wood reads:” ANNO DOMINI MCCCCXXXXIII IN TEMPORE NICOLAI SAPII ARCHIPTR” “In the Lord’s year 1543 at the time of Nicola Sapio, the archpriest”. After that, in 1550, the Spanish Vincenzo of Avyla de Salazar, appointed by the emperor Charles V of Hapsburg, took possession by the force of weapons, by breaking down the door of the cathedral which clerics treacherously had closed in his face to prevent him from entering. The new door was made in walnut, ash and larch by Master Pietro de Marzano and it is surmounted by an inscription (by Francesco de Nunno) as a reminder that the church was under royal collation(Jurisdiction). The same door (as it results from an addition to the old inscription, was restored in 1660). This prelate, following the footsteps of his predecessors, ordered the construction of the second bell tower, the one on the left, towards south, (1551-1555) having affixed on the front three coats of arm carved in stone: the Emperor Charles V in the middle, the viceroy Peter from Toledo to the right and the archpriest Salazar to the left. Below the coats of arm you can see the inscription, ruined in the final part, which reports the most important events lived by Altamura Church. During the time of archpriest Antonio de Rinaldis (1727-1746) the third floors of the two bell towers with the domes above them were built, also the “loggetta”.

THE EXTERNAL

The exterior: an architectural wonder that harmonizes the transformations of various ages; the soaring bells towers shoot up towards the sky, as to emphasize the mystery of   the Virgin Mary’s Assumption in which Frederick II, although considered by some sectarian literature of the time as an Antichrist and Atheist, wanted to dedicate this single religious monument, as a testimony of his faith and devotion, to the mother of Christ. We can appreciate various architectonic styles: the magnificent two bell towers (Romanesque), characterized in the second level by double lancet windows (Gothic).

The two bell towers may seem identical at first look, but they are diverse and belong to different periods: the one on the right represents the bell of the early construction, at the time of the emperor Frederick, around 1232. It rose up to the second level and was at the back façade as the entrance was at the west side. The bell on the left was, most probably, built between 1551 and 1555 up to the second level when the dean in charge was Vincenzo de Salazaar. During the time of archpriest Antonio de Rinaldis (1727-1746) the third floors of the two bell towers with the domes above them were built

La Loggetta (balcony, porch) was built in 1729 when the dean was Antonio De Rinaldis. In the middle, under the arch we can see the statue of the Virgin “Assunta”, on the left the statue of S. Peter, holding the keys and on the right the statue of S. Paul, holding the sword. All statues, in mazzaro (type of local stone) were sculptured by a priest of Altamura, named don Nicola Masiello. With the building of the loggetta the bell towers looked somehow squashed(pressed) on the entire façade) so the third levels (with smaller towers) were built with the relative domes. The domes were made in tufa (Baroque style) to match the loggetta. (Rounded, concave lines and with the final positioning of little crosses and flags the cathedral reached the height of meters 45,70.)

 The rose window

Supported by a small telamon, it was most probably built around the 1550, it is adorned by floral motifs. In the centre there is the “Agnus Dei ,”God’s lamb”.From the center 15 slender columns branch out ending with arabesque interwoven arches, enclosed by three concentric rings richly decorated. The capitals are different from one another. In a shape of a wheel with 15 rays and not 12, as you would see usually in a rose window, it represents possibly the date of the 15th of August when the religious festivity of the Lady of Assumption takes place.

 

 

The mullioned window with two lights (bifora)

The mullioned window placed on the Duomo Arch goes back to 1232 and it used to be right in the middle when the main façade was at the west side of the cathedral and together with the apse and one bell tower (the one you see on the right now) up to the second level only characterized the façade. The original Gothic window of the apse, which had been in place since the original construction in 1232, was moved to the left side to make room for the rose window.  It recalls some motifs present in the portal: we can see two side columns supported by two lions and a rich leafy decoration that acts as a frame. We can also admire a variety of animals , amongst these lions ,elephant ,griffon, snake placed on the main façade and also on side walls just because it was typical of Apulia decorations and also because Frederick  II loved animals, he was certainly a good hunter.

 

The coats of arms

The three coats of arm go back to 1550. The one in the middle, the largest one, represents the emperor Charles V of Habsburg; the one on the right represents the dean Vincenzo de Salazar and the one on the left the vice-King Pietro da Toledo. These coats of arm were deliberately put up by the dean V. Salazar to confirm and show publicly that only the emperor could appoint a dean. This unfortunately, cannot be made out clearly from the inscription.

The Gothic Portal

The star attraction of Altamura Cathedral is its main portal, built in the fourteenth century, after the collapse which took place in 1316, under the reign of Roberto of Anjou, when the entrance was moved from the west façade to the east side. Below the apex there are the coats of arms of Queen Joanna I of Anjou and her husband Louis of Anjou, branch of Taranto. Over the coat of arms a small statue of the blessing Christ seated on the throne.
The unique portal has an unusual local style with gothic and Romanesque influences. It is especially remarkable for its wealth of busy detail: a large number of biblical scenes are squeezed into a small space. Its effects are obtained by sharp contrasts due to heavy undercutting and embrasure.
The portal centres on a tympanum featuring the beautiful Virgin and Child flanked by two kneeling angels. In contrast to the rest of the portal, this part is spacious and serene. The lintel below is occupied by a fascinating depiction of the Last Supper with the Twelve Disciples. The long rectangular table is spread with loaves of bread, pairs of fish, and baskets. Instead of his usual position in the centre, Christ is seated on the far left, where he is being embraced and kissed on the cheek by a short-haired, beardless figure. This is probably a variation on the common theme of John, “the beloved disciple,” reclining on his breast as they dined. Alternatively, although the setting is wrong and the gesture seems too tender, it could represent the Kiss of Judas (which took place outside in the garden according to the Gospels). The inner    archivolt of the portal is carved with long vines that grow from vases held by women at the base, the water being an important source of life. The outer archivolt is framed by the Annunciation scene, with the Archangel Gabriel on the left and the Virgin Mary on the right. Between these two larger figures there are 22 miniature scenes from the life of Christ the balcony between the two bell towers with the statues of the Virgin of the Assumption, St. Peter holding the keys (on the left) and St. Paul holding the sword (on the right). Also the third floors of both bell towers with the domes were built in baroque style to match the loggetta. The surface of the church is of 1,188 square meters (54×22), reaching 45.70 meters high. The entire church was restored in its interior from 1854 to 1861 by the archpriest Falconi who replaced the floor in marble, lined the lower parts of the columns in marble and painted the top parts with stucco resembling marble enriching them with a wealth of gildings. The internal of the cathedral measures meters 35,50 in length, meters 18 in width and meters 23,80 in height. In 1869 it was declared a national monument. In February of 1975 the first works of Static consolidation funded by Cassa del Mezzogiorno were made, and in early 2000 new restoration work took place both inside and outside, which led also to new discoveries.

The Angevin door- Porta Angioina

The north side of the cathedral has not been changed since its construction in the 13th century. Large blind arches are pierced by slender Gothic windows, and above an elegant triforium runs. The third arch contains a deep niche called Porta Angioina, which was built 1316) at the behest of King Roberto I of Anjou by the sons of Consiglio, citizens of Bitonto, experts in the art. The coat of arms with a dedicatory inscription that appears above the door bear witness to this. The inscription in Latin in the tympanum reads: “I am a regal chapel, nobody dares challenge me because I, Roberto protected by the heavens will protect it”. The text is a clear testimony to the independence of the church of Altamura from any jurisdiction of the bishop and archbishop, subject only to papal authority. Higher up there is a bas-relief panel of a smiling St. Michael the Archangel standing on the dragon. The 12 mullioned window with 3 lights (trifore) date back to Frederick time. Decorated with floral motifs, finely fret worked, with an inner frame saw edge, the door is a typical example of the 14th century Angevin sculptured work. The wooden door is decorated with panels made up of high relief work depicting at the top, St. Peter, the Assumption, St. Joseph and St. Paul, heraldic arms, including the emblem of the city of Altamura as well as a number of bearded faces, at the bottom.
 

THE INTERIOR 

After having admired the exterior of the building, enchanted by the simple shapes and elegant stone work, one passing inside cannot hide his surprise.
The interior, in fact, is not what you would expect to find. It is the result of a laborious and costly intervention of modernization and restoration work
between 1854-60 under the arch prelacy of Giandomenico Falconi. The work was entrusted to Frederick Travaglini, assisted by the architect
Corradino de Judicibus. The church lost its ancient simplicity when its stone columns were covered with white and green marble from Calabria, with painted stuccos. Only the capitals were spared. The wooden ceiling was rebuilt, decorated with stucco and gildings, on which the arms of the most famous families who ruled the Kingdom of Naples (Angevin, Aragon, Habsburg, Savoy) as well those of Pope Pius IX and the prelate Falconi were affixed. The interior also was soon transformed into a great art gallery. Famous Neapolitan artists of the nineteenth century were called, with their works, embellished the side chapels. The inside of the church has a plan of a Romanic basilica with three naves and the structure plan of Frederick times: a rectangle with a central aisle, two side aisles The current entrance, originally, was the apse. His remains have been reported to light in 1997 from an excavation carried out by the Superintendence for Archaeological, Artistic and Historical Heritage of Puglia. The excavation brought to light twenty-three tombs containing some human remains and some elements of outfit.

The central aisle

The central aisle is characterized by 14 cylindrical columns, having an octagonal base, surmounted by beautiful capitals. The pillars support round arches, above them and on both side of the central aisle we can appreciate double mullioned windows, with various capitals of different styles and shapes. The small windows are also linked together by round arches and provide light to the women’s galleries placed on both sides.

The two Fonts

Entering the temple we see immediately on your right and left two fonts from the 1735 realized in marble representing the Virgin as it is raised to heaven surrounded by angels, all in a baroque style.

Ambo-The stone pulpit

Further onto the right we see the Ambo, an ancient pulpit in white stone, leaning against the door that leads to the bell tower overlooking Piazza Duomo. According to the priest Santoro Orazio, the pulpit made in limestone from Putignano was built in 1545 by master Francesco Pogheso also from Putignano. Also according to Santoro, its original location would have been next to the Episcopal chair near the first pillar in the presbytery.  It was placed in the current place in 1969. It has an octagonal shape with 7 slender columns which support panels representing bas-relief scenes from the life of Christ. The capitals have grotesque decorations. It was used to read passages from the bible and readings for mass.

The Presbytery
It is the result of the great extension work of the church, which began
almost immediately after the privilege granted in 1485 that raised the church from Parish to distinguished Collegiate church with a significant increase in the number of canons and chaplains. The need for an extension of the building could not be postponed. The work, however had to suffer a setback in 1494, the year of death of King Ferdinand I of Aragon. The Dean Francesco Rossi of Altamura could only resume the work in 1521, as the presbytery needed urgent repair work having been abandoned for several years. He could not, however, complete the work as he died in 1527, while in Altamura plague raged.
It was his successor, Niccolò Sapio who completed the work, making consolidation work to the structures and commissioned  the interior design.
He ordered that  three Neapolitan artists  built the precious wooden choir, the Episcopal chair, the pulpit  whereas the altarpiece was painted by Leonardo Castellano. The majesty of the main altar is what strikes the visitor, just as he crosses the main entrance. Built in 1735 with white and polychrome marble which replaced the wood one of the sixteenth century. In 1793 the brothers Cimafonte of Naples graced it by  placing  at the center  the altarpiece.
In the same year the statues of the Eternal Father, the two kneeling cherubims, the Holy Spirit and the two-head Eagle  were made  by the sculptor Antonio Beliazzi. The double eagle was the heraldic symbol of Charles V of Habsburg , who was  emperor during the construction of the temple, while  the two Seraphims  we carved in 1879 by Francesco Paolo Evangelista. Looking up at the ceiling, you can see  at  the four corners of the large side arches  the frescoes of the four Evangelists, works of Molinari.

The Altarpiece

The Assumption of the Virgin painting, 1546,  is one of the few surviving works by the Neapolitan painter Leonardo Castellano, an artist well known in his time .The work was commissioned to him in 1545 by Archpriest Niccolò Sapio and it was completed the following year when it was sent from Naples along with the  wooden perspective decorations which were assembled locally by Master Virgilio Imperato, a professional gilder.
The altarpiece had to wait until 1548 to be placed in its proper place. Master Leonardo spent a period of time between March 1547 and June of the following year to touch up and finish the painting. It was certainly at this time that he painted at the back of St. Peter, the figure of a man with beard and a hat, probably Niccolò Sapio, the dean, portrayed in the praying position. In 1793, when the prospect of wood was replaced with the marble, the framework was reduced to its current size by the painter Paolo Linari, who shortened the canvas both at the top and at the bottom.

The choir
The wooden choir, along with the Episcopal chair and the pulpit, is a testimony to the Neapolitan art of carving in the sixteenth century. The three artists who worked here building a true masterpiece  are: Colantonio Bonafida, Teodoro Marzano e Candiloro di Fanello. The choir, divided into two parts, consists of 64 stalls, divided into two levels: 38 at the top, and 26 at the bottom,( each side having 19 at the top and 13 at the bottom) .The upper stalls, in the form of a niche, are limited by slender columns and have the back carved in bas relief with figures of saints and personified Virtues. Those below are divided by consoles and have armrests worked with plant and animal motifs. Looking at the high altar, on the left there is the inscription that shows the year of completion and the name of the archpriest who commissioned the work, on the right the names of the artists who created the work. The Episcopal chair, during the recent restoration, was moved from its original position and placed at the center of the main altar, it also has the back  containing a bas-relief depicting the conversion of St. Paul, and above a carved canopy with the emblem of Archpriest Niccolò Sapio, in the center.
The marble balustrade which surrounded the whole area, built in 1823 by Gaetano Gravone ,marble workers of Naples and Giuseppe Scala of Corato, has been largely dismantled and some items have been  used to hold the central altar.

The Pulpit
Finely carved in walnut wood, it is the work of the same artists  who created the choir and the Episcopal chair.

Organs
On both sides of the perimeter walls of the chancel,  down to the two side aisles , there are two organs. The smaller one to the left, is the work of Fratelli Baldassare, church organ builders of Altamura and it was built in 1860, the other one, however, with 72 voices, was purchased from t Bossi-Vegezzi firm, of Turin in 1879.

The ceiling
The major renovations made in the nineteenth century also interested the ceiling that was totally renovated. The new wooden ceiling was enriched with stucco and gildings decorations . A series of emblems (coats of arm) ideally traces the history of the monument rich in royal collation (imprints, signs, evidence). On the ceiling of the sanctuary, starting from the presbyter, there are the coats of arm of Pope Pius IX and the archpriest Giandomenico Falconi (commissioner of the restoration), going forwards towards the exit, in the first section, the  double headed eagle, mistakenly placed there to indicate the coat of arms of Frederick II of Swabia and further on the Angevin one. This is followed, in the 2nd section, by the coat of arms of Aragon, Charles V of Habsburg and finally, in the 3rf section, the House of Savoy.

SAN NICOLA DEI GRECI

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Fonte bibliografica: dal libro – SanNicola dei Greci” nel centenario 1913- 2013 ((Parrocchia S. Nicola dei Greci)

Chiesa S. Nicola dei Greci – Cenni storici

La chiesa di S. Nicola dei greci, (in stile gotico-romano) fu costruita nel 1232 e si trova ad Altamura, lungo il Corso Federico II di Svevia, a pochi passi dalla Cattedrale. Fu autorizzata dall’imperatore Federico II di Svevia, eretta e consacrata contemporaneamente alla Cappella Palatina di S. Maria Assunta, divenuta successivamente cattedrale nel 1232, con funzione parrocchiale, per provvedere all’assistenza spirituale di una folta comunità di orientali di rito greco. Questi emigrarono dalla vicina Grecia, a causa della persecuzione iconoclasta da parte dell’imperatore bizantino Leone Isaulico.

La comunità greca e quella latina erano due realtà ben distinte e diverse all’interno della città, avevano i propri rappresentanti giuridici e amministrativi che difendevano gli interessi del gruppo di appartenenza. I greci, a differenza dei latini, si tramandavano oltre alle tradizioni, anche gli usi, i costumi, la lingua e la cultura greca, tutto ciò a sottolineare la scarsa volontà di integrazione fra i due gruppi etnici. La parte più numerosa del clero era quella dei sacerdoti di rito greco-ortodosso. Intorno alla chiesa di S. Nicola i greci costruirono le proprie abitazioni dando vita e origine ad un quartiere greco caratterizzato da stradine strette e piccoli cortili con arco abitati da famiglie dallo stesso ceppo; i latini popolarono la zona della cattedrale e il loro quartiere era caratterizzato da strade chiuse a budello, tipologia urbanistica appresa dalle città arabe e saracene. Col passare del tempo gli elementi caratterizzanti il rito greco decaddero dando inizio ad una massiccia latinizzazione e lentamente si estinsero.  Nel 1602 il clero di rito greco fu sostituito da un capitolo collegiale di rito latino.

Il portale

Dopo un tempo di benessere per la comunità greca che durò circa due secoli, l’edificio sacro attraversò un periodo di degrado dovuto allo stato di povertà del clero greco. Pertanto nel 1575 lavori di restauro furono necessari, lavori che furono affidati ad un artigiano locale di nome Nicola Gessa. L’artigiano realizzò il portale con linee gotiche per essere in armonia sia con il resto dell’edificio che con il portale del Duomo di Altamura e di tanti altri portali della Puglia. Un finestrone sovrastante il portale fu sostituito con il rosone che vediamo oggi nella facciata principale. Una triplice fascia decorativa abbraccia la lunetta del portale: quella interna termina all’altezza dell’architrave ed è composta da 8 formelle il cui lato interno è adornato da 8 rose stilizzate e a rilievo; quella centrale, che arriva fino alla base, è composta da 30 formelle; quella esterna che limita il solo arco del protiro (piccolo portico), è decorata con un motivo di foglie di cardo stilizzate. Il protiro, poggia su due mensoloni aventi la funzione di capitelli che fanno ipotizzare che nel tempo passato sormontassero due colonnine poggianti sulle due basi di pietra posti ai piedi del portale. La data 1576 scolpita al vertice del protiro indica la data di realizzazione dell’opera, mentre nell’angolo a sinistra è rappresentato a rilievo lo stemma del prelato Vincenzo Palagano (1557-1579) e in quello a destra, sempre a rilievo, lo stemma di Ottavio Farnese (1542- 1586). L’architrave, costituito in un unico blocco, è ornato da 6 formelleI rilievi delle fasce laterali e dell’architrave narrano con gusto popolare le storie dell’antico e del nuovo Testamento. Interessante è l’immagine del Paradiso terrestre, un giardino ricco di vegetazione arborea e cinto da mura con una porta di accesso. Scorrono le scene della creazione, le vicende di Caino e Abele, della costruzione dell’arca e del diluvio universale. Sulla fascia verticale destra compaiono le scene dell’annuncio dell’angelo a Maria, dell’incontro tra Maria ed Elisabetta, di una Natività molto semplice, con angeli, agnelli e due deliziosi zampognari. La fascia verticale sinistra riporta invece la scena del peccato originale e della cacciata di Adamo ed Eva dall’Eden. Al di sotto è la rappresentazione dell’Inferno popolato di diavoli cornuti, più grotteschi che spaventosi. Le pene infernali sono sintetizzate dal pentolone nel quale cuoce un dannato. L’inferno è raffigurato come una città cinta di mura merlate, sotto il Paradiso terrestre. Nel fondo dell’Inferno si vede Lucifero precipitare in catene nell’abisso. Nella tradizione classica e della Vulgata di San Girolamo l’Abisso è personificato da un’indimenticabile immagine di un vecchio dai capelli e dalla barba fluttuanti, simboli del Caos.

La chiesa nell’interno si presenta ad aula unica con 6 cappelle laterali, 3 per lato, ognuna avente un suo altare. Questi altari furono realizzati nel 1600 ispirandosi ai retablos spagnoli. (Retablo: Tavola dorsale dell’altare). L’impianto tipico dell’altare delle cappelle prevedeva al centro la statua del santo a cui era dedicato, affiancato da altre figure di santi, separati tra loro da colonne e cornici. Entrando in chiesa si può apprezzare il fonte battesimale, in pietralocale coperto di bronzo, che costituisce una delle poche testimonianze dell’antica chiesa. Continuando sul lato destro si trovano gli altari, nelle rispettive cappelle, di Sant’Antonio da Padova, San Francesco d’Assisi e Santa Beatrice. Sul lato sinistro, invece, si possono ammirare gli altari della Madonna di la Salette, del Crocifisso e di San Nicola.  Il presbiterio è caratterizzato da un arco maggiore a sesto acuto, che segna la divisione della navata con il presbiterio, su cui è riportata la scritta in greco che significa “dall’eterna morte libera noi Signore” e anche la data 1550. L’altare maggiore, dedicato all’incoronazione dell’Assunta, è caratterizzato da una struttura in legno e gesso ed è rivestito di intarsi di marmo policromi richiamando fortemente l’architettura napoletana dell’epoca. L’altare maggiore si può attribuire al lavoro di due maestri: la mensa marmorea con pregiate sculture sono attribuite an un artista napoletano mentre il dipinto che raffigura Maria incoronata dal padre celeste tra gli angeli ed i santi è da attribuirsi ad un maestro locale. Il coroligneo, posto nel presbiterio, fu rimosso e depositato nella vicina chiesa di S. Biagio causandone la perdita di buona parte degli elementi compositivi. Tutto quello che è rimasto e che si trova nel presbiterio della chiesa di S. Nicola sono 14 dorsali del vecchio coro ligneo che raffigurano il Redentore e tredici santi. Altro elemento prezioso dell’interno della chiesa di S. Nicola dei greci è lo splendido soffitto ligneo a cassettone che ricopre l’intera navata. Realizzato in doghe di legno dipinte, ha al centro un dipinto rappresentante la “gloria di S. Nicola” e ai 4 angoli altre pitture ad olio su tela che raffigurano i miracoli del Santo. Il pulpito, risalente al settecento, è realizzato in legno con decorazioni in stucco dorato di ignoto scultore locale.

 

eng-flag-flat Bibliographic source from the book :

“San Nicola dei Greci” in the centenary1913- 2013(Parrocchia S. Nicola dei greci)

Chiesa S. Nicola dei Greci– Historical notes
The church of St. Nicholas of the Greeks (in Gothic-Roman style) was built in 1232 and it is located in Altamura, along the Corso Federico II of Swabia, a short walk from the Cathedral. It was authorized by Emperor Frederick II of Swabia, erected and consecrated at the same time of the Palatine Chapel of St. Mary, our lady of the Assumption, which later became a cathedral in 1232, with the parish function, to provide for the spiritual assistance of a thick community of Greek Eastern rites. These migrated from neighboring Greece, because of the iconoclastic persecution by the Byzantine Emperor Leo Isaulico. The Greek and Latin communities were two quite distinct and different realities and within the city they had their own legal and administrative representatives who defended the interests of their own group. The Greeks, unlike the Latin, handed down in addition to their traditions also their usages, customs, language and Greek culture, all of this in order to emphasize the unwillingness of integration between the two ethnic groups. The largest part of the clergy was the one of the priests of Greek-orthodox rite. Around the Church of St. Nicholas, the Greeks  homes by giving life and birth to a Greek quarter characterized by narrow alleys and small arched courtyards inhabited by families from the same family stock; the Latins populated the area around the cathedral and their quarter was characterized by closed roads in the shape of a bowel,a urban typology learned from Arab and Saracen towns. As time went by the elements characterizing the Greek rite decayed starting a massive Latinization and they slowly died out. In 1602 the clergy of Greek rite was replaced by a collegiate chapter of the Latin rite.

The portal
After a time of well-being for the Greek community which lasted nearly two centuries, the sacred building went through a period of decline due to the state of poverty of the Greek clergy. Therefore, in 1575 restoration work was needed, work that was entrusted to a local artisan named Nicola Gessa. The artisan created the portal with Gothic lines so that it was in harmony both with the rest of the building and also with the portal of Altamura Cathedral and with many other portals in Puglia. A large window above the porch was replaced with the rose window that we see today in the main façade. A triple decorative band embraces the lunette of the portal: the inner one ends at the height of the lintel and it consists of 8 panels, whose inner side is adorned with 8 stylized bas relief roses; the central one, which reaches down to the base, is composed of 30 panels; the external one which delimits the single arch of the porch portal (small porch), is decorated with a pattern of stylized thistle leaves. The porch portal, rests on two large shelves having the function of capitals that seem that suggest that in the past they surmounted two small columns which rested on two stone bases placed at the feet of the portal.The date 1576 carved on the porch summit indicates the date of its realization, while in the left corner the coat of arms of the prelate Vincenzo Palagano is represented in bas- relief (1557-1579) and the one on the right, always in bas- relief, the coat of arms of Ottavio Farnese (1542- 1586). The lintel, formed in a single block, is adorned with 6 tiles. The bas-reliefs of the lateral boards and architrave narrate with popular taste the stories of the Old and New Testament. It is interesting the image of the earthly paradise, a rich arboreal vegetation garden, surrounded by walls with one access door. The scenes of creation, the story of Cain and Abel, the construction of the ark and the Deluge flow. On the right vertical strip we find the scenes of the angel’s announcement to Mary, the encounter between Mary and Elizabeth, those of a very simple Nativity with angels, lambs and two delicious bagpipers. The left vertical strip, instead, shows the scene of the original sin and the expulsion of Adam and Eve from Eden. Below there is the representation of Hell populated with horned devils, more grotesque than frightening. The infernal pains are synthesized by the huge pot in which a damned soul bakes.Hell is depicted as a city surrounded by battlemented walls, beneath the earthly Paradise. At the bottom of Hell,  Lucifer is seen falling chained into the abyss. In the classic tradition and in the Vulgate of St. Jerome the Abyss is personified by an unforgettable image of an old man with flowing hair and beard, symbols of Chaos.

The church interior has a single nave with six side chapels, three on each side, each having its own altar. These altars were built in 1600 drawing inspiration from the Spanish retablos. (Retablo: altar backbone Table). The typical plant of the chapels’ altar envisaged to the center the statue of the saint to whom it was dedicated, flanked by other figures of saints, separated by columns and cornices. Entering the church you can appreciate the baptismal font, made of local stone covered with bronze, which is one of the few evidences remaining of the old church. Continuing on the right side there are, in the respective chapels, the altars of St. Anthony of Padua, St. Francis of Assisi and St. Beatrice. On the left side, instead, you can admire the altars of Our Lady of La Salette, the Crucifix and St. Nicholas.The presbytery is characterized by a major pointed arch, which marks the division of the nave with the chancel, on which there is the inscription in Greek which means “free us from the eternal death, oh Lord, ‘and also the date 1550. The high altar, dedicated to the coronation of the Assumption, is characterized by a structure in wood and plaster, and it is covered with polychrome marble inlays recalling strongly the Neapolitan architecture of the period.The high altar can be attributed to the work of two masters: the marble table with fine sculptures to a Neapolitan artist and the painting of Mary crowned by the heavenly father among the angels and saints can be attributed to a local artist.The wooden choir, located in the presbytery, was removed and deposited in the nearby church of San Biagio, causing in this way the loss of many of the compositional elements. All that is left and located in the presbytery of St. Nicholas church are 14 dorsals of the old wooden choir which depict the Redeemer and thirteen saints. Another valuable element of the interior of the church is the splendid wooden coffered ceiling that covers the entire nave.Made of wooden painted slats, it has at its center a painting of the “glory of St. Nicholas” and to the 4 corners other oil paintings on canvas depicting the miracles of the saint. The pulpit, dating back to the eighteenth century, is made of wood with decorations in gilded stucco by an unknown local sculptor.

SAN BIAGIO

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Cappella di San Biagio

La chiesa di San Biagio, situata in Via Luca Samuele Cagnazzi, fu edificata intorno al 1621-22 su un antico ipogeo, la facciata ha delle linee architettoniche semplici e risale al restauro effettuato nel 1742 così come riportato dalla data sulla facciata. Sul portale, su di un piedistallo poggia la statua policroma del 1700 raffigurante San Biagio, a sinistra della facciata un grande affresco di 5 m. raffigurante San Cristoforo, protettore dei viandanti, opera dell’artista altamurano Niccolò Maramonte.  L’immagine rappresenta in statura gigante Cristoforo, santo (III sec.), pagano, convertito e martirizzato. Sulla spalla sinistra trasporta Cristo bambino da una sponda ad un’altra di un fiume. Da tale leggenda il nome “Cristoforo, portatore di Cristo”. Sull’ordine superiore della facciata un finestrone affiancato da due semi-pilastri poggiati su mensole in tufo e decorati da una testa d’angelo.Divenne subito la sede della Confraternita locale di San Crispino, il santo protettore dei calzolai, e dei conciatori di pelle.Divenne successivamente sede della Congrega di San Biagio ed era circoscritta a poche e distinte famiglie locali di tradizione artigiana. Anticamente qui avvenivano celebrazioni con rito greco.Sulla facciata laterale prospiciente il corso, un rosone circolare cieco ed un portoncino, mentre sulla via Cagnazzi un piccolo campanile a vela. All’interno, infatti, sono presenti due altari, il maggiore dei quali dedicato a S. Biagio, il minore, invece, a S. Crispino. 

L’interno ad un’unica navata presenta oltre l’altare maggiore altri due altari realizzati in pietra con decorazioni in oro tipiche del settecento; un avancorpo dove era posizionato un pregevole organo ligneo è a pianta quadrata con volta a stella. Inoltre vi sono due sculture raffiguranti San Buonaventura e la Madonna dell’Addolorata.

(fresco of S. Cristoforo)affresco san cristoforo

eng-flag-flat The Chapel of San Biagio

The church of Saint Biagio, situated in Via Luca Samuele Cagnazzi, was built around 1621-22 on an ancient underground, the façade has simple architectural lines dating back to the restoration work carried out in 1742 as reported by the date on the facade. On the portal, on a pedestal  there is the polychrome statue of Saint Biagio and to the left of the façade a large fresco of 5 metersis placed, it  depicts St. Christopher, the patron saint of travelers,a work by the artist Niccolò Maramonte of Altamura. The image represents, in a giant stature, Christopher, a Saint of the third century, a converted and martyred pagan. On the left shoulder he carries Christ the child from one bank of a river to another. From this legend the name “Christopher, the Christ-bearer.”On thetop of the facade you can see a large window flanked by two semi-pillars resting on tuff shelves and decorated with an angel’s head. It soon became the seat of the local Brotherhood of St. Crispin, the patron saint of shoemakers, and tanners. Later it became the seat of the Congregation of St. Blaise and it was limited to a few local and distinct families of artisan tradition. In ancient times Greek ritual celebrations took place in this church.On the side facade overlooking the course, you see a blind circular rose window and a door, while on Via Cagnazzi a small bell gable. Inside, in fact, there are two altars, the large one is dedicated to St. Blaise, the smaller one to St. Crispin. The interior has a single nave and, beside the altar, there are two more altars made of stone with gold decorations typical of the eighteenth century; a forepart where a precious wooden organ was placed is with a square plan with a star vault. There are also two sculptures representing St. Bonaventure and our Lady of sorrows.

 

 

 

SAN MICHELE AL CORSO

SAN MICHELE AL CORSO

Fu edificata dalla potente confraternita del Purgatorio nel XVII secolo, dedicata appunto alle anime del Purgatorio. Ha una semplice facciata su cui spicca un finestrone rettangolare. La torre campanaria contiene due campane ottocentesche, quella a sinistra (1839) più grande,quella a destra (1892) più piccola. L’interno conserva pregevoli tele settecentesche e ottocentesche, tra le quali la Madonna del Purgatorio di Francesco Guarini, il maggiore pittore gravinese del Seicento. L’altare maggiore e il presbiterio sono dei capolavori del rococò. Stupendo anche l’organo ottocentesco dell’altamurano Tommaso Capitelli.

 

eng-flag-flat It was built by the powerful brotherhood of Purgatory in the seventeenth century and it was dedicated precisely to the souls in Purgatory. It has a simple façade on which a rectangular large window stands. The bell tower contains two bells dating back to the nineteenth-century, the larger one on the left (1839), the smaller one placed on the right (1892). The interior contains valuable paintings of the eighteenth and nineteenth century, among which the Madonna of the Purgatory by Francesco Guarini, the greatest painter of the seventeenth century from Gravina town. The high altar and the presbytery are rococo masterpieces. Amazing even the nineteenth century organ by Tommaso Capitelli from Altamura town.

 

 

 

 

SAN DOMENICO

 

San Domenico luca bellarosa

(foto di Luca Bellarosa)

Chiesa del 1716, situata sulla Piazza Zanardelli, un tempo “planicio Sancti Marci”, (“zona pianeggiante di S. marco”), quando era fuori le mura, si estende nella lunga costruzione del convento. I Domenicani costruirono l’intero complesso dal XVI al XVIII secolo.Il convento nel corso dell’ottocento fu adibito prima a seminario ed in un secondo momento a convitto. Oggi le sue sale ospitano l’Archivio Biblioteca Museo Civico e nella parte superiore ad esso la sede del liceo classico Cagnazzi.La chiesa di San Domenico fu eretta nel 1716. La facciata è realizzata in tufo ed è completata in alto dalla incantevole cupola, a pianta ottagonale, rivestita di lucenti piastrelle maiolicate, che raggiunge oltre 37 metri di altezza. Il campanile, incompleto nella parte superiore, presenta due piani di finestre. Nobile esempio di Barocco Pugliese, vanta all’interno dipinti e altari tipici dello stile settecentesco e il pregevole pavimento, in maiolica, del 1750, che si impone per le sue linee sobrie, eleganti e possenti insieme. La seconda cappella a sinistra, chiusa da una balaustra marmorea, è dedicata alla Confraternita del SS. Rosario e contiene l’altare più sfarzoso e pregiato della chiesa, nella cui prospettiva è incastonata la grande tela di Giuseppe Porta (1748), raffigurante la Madonna del Rosario con San Domenico, Santa Caterina e Santa Rosa. La seconda cappella a destra (di San Tommaso d’Aquino) ospita una lastra tombale della famiglia Viti. Al centro del presbiterio troneggia il sontuoso altare maggiore, ricco di marmi policromi e magnifiche sculture, alle cui spalle si trova il coro ligneo, opera di un artigiano locale (1855). Sulla parete di fondo è collocata la pregevole tela della Sacra Famiglia (prima metà XVII secolo), attribuita al pittore Massimo Stanzione. Al culmine della ribellione del 1799 i repubblicani innalzarono dell’albero della libertà in Piazza Duomo, che venne trasportato in processione dall’intero popolo, partendo proprio dalla chiesa di San Domenico.

 

eng-flag-flat A Church dating back to 1716, located on Piazza Zanardelli, once “planicio Sancti Marci”, (flat area of St. Marc”), when it was outside the walls, extending into the long building of the convent. The Dominicansbuilt the entire complex from the sixteenth to the eighteenth century. The convent during the nineteenth century was first turned into a seminary and later into a boarding school. Today ithouses the Archive Library Museum and above it the classical Cagnazzi high school. The church of San Domenico was built in 1716. The facade is made of tufa and it is complemented at the topby lovely dome, with an octagonal plan, lined with bright majolica tiles, which reaches more than 37 meters in height.The bell tower, incomplete at the top, has two storeys of windows. The church is a noble example of Apulian Baroque featuring in its interior paintings and altars typical of the eighteenth century style and its precious majolica tiled floor of 1750, which imposes itself for its clean and elegant lines which are powerful together at the same time. The second chapel on the left, enclosed by a marble balustrade, is dedicated to the Brotherhood of SS. Rosario and it contains the most magnificent and valuable altar of the church, in whose perspective the large canvas by Giuseppe Porta (1748) is set. The painting depicts the Madonna of the Rosary with St. Dominic, St. Catherine and St. Rosa.The second chapel on the right (of Saint Thomas of Aquinas) houses a tomb slab of Viti family. At the center of the presbytery the sumptuous high altarrich in polychrome marbles and magnificent sculptures stands, behind which the wooden choiris located, a work by a local craftsman (1855). On the back wall there is the valuable painting of the Sacred Family (from the first half of the seventeenth century), attributed to the painter Massimo Stanzione.At the height of the 1799 rebellion, the Republicans raised the tree of freedom in Piazza Duomo, which was carried in procession by the entire people, starting from the church of San Domenico.

 

 

SANTA CHIARA

chiesasantachiara

La Chiesa fu terminata, nella sua prima fase costruttiva, nel 1679 mentre la fondazione del monastero delle Clarisse risale al 15 novembre del 1682 con l’ingresso solenne nel nuovo monastero di suor Battista Costantini e Brigida Viti provenienti dal monastero di S. Maria del Soccorso già istituito nella città di Altamura, c’erano quindi diciassette novizie e due converse. La facciata, caratterizzata da una compatta muratura di conci ben squadrati, fu completata nel 1705-1706: essa è scandita in due registri da un cornicione marcapiano, che asseconda, nel movimento, le rientranze e le sporgenze delle quattro lesene poggianti su un basamento a bugnato rustico poste ai lati del portale centrale. Sull’architrave di quest’ultimo, decorato con triglifi e rosette, tra due volute è inserita una nicchia che accoglie la statua dell’Immacolata, mentre altre due nicchie, aperte ai lati del portale, decorate con eleganti cornici e catino a conchiglia, accolgono le statue di S. Chiara a destra, e S. Francesco, a sinistra. Il campanile barocco, che s’innalza sul lato destro della chiesa, fu ricostruito tra 1722 e 1723 in seguito ad un crollo della torre campanaria stessa. Esso è scandito orizzontalmente in quattro parti da cornici modanate ed è concluso con una terminazione a bulbo. La ricercatezza ornamentale è affidata all’alternanza del bugnato rustico, delle paraste lisce, ora segnate da conci orizzontali, dalle ampie aperture delimitate dai balaustrini. Oltre all’ingresso principale vi è un secondo accesso che si apre su Via Santa Chiara.

L’interno, a navata unica con presbiterio a terminazione piatta, presenta lateralmente degli altari, realizzati in forme semplici, ma abbelliti con dipinti di ignoti pittori del Settecento. Di notevole interesse, la ricca decorazione lignea, con predominanza di motivi fitomorfi che rivestono gli intradossi delle arcate e completano le cornici dei quadri.Sul secondo pilastro a destra è collocato il pulpito ligneo, con fitta decorazione a volute fogliacee, intagliate e dorate, e con una grande aquila aperta intagliata nella base e terminante con un elegante baldacchino; si tratta presumibilmente di opera di maestranze lucane. L’area presbiteriale è arricchita da un altare in marmo bianco e policromo, elevato su tre gradini, al di sopra del quale è posizionata la tela dell’Immacolata e i Santi Francesco, Chiara e Antonio (prima metà del XVIII secolo).Tra le tele si segnalano il transito di S. Giuseppe, il Martirio dei Santi Medici, la Madonna con il bambino tra S. Marco e S. Francesco da Paola, S. Maria Maddalena penitente e S. Stefano. Il complesso religioso fu fondato grazie al lascito testamentario di un sacerdote altamurano, Jacobutio de Cobutiis, che nel 1519 donò numerosi beni col desiderio che fosse costruito un monastero di clarisse. Il monastero accoglie ancora oggi una comunità dell’ordine di Santa Chiara, occupando un intero isolato nel cuore del centro antico della città.

 

eng-flag-flat The church was completed in its first phase of construction in 1679 while the foundation of the monastery of the Poor Clares dates back to 15 November 1682 with the solemn entry into the new monastery of Sister Battista Costantini and Brigida Viti from the monastery of S. Maria del Soccorso already established in the city of Altamura, altogether there were seventeen novices and two nuns.The façade, characterized by a compact masonry of well squared blocks, was completed in 1705-1706: it is articulated in two registers by a string course cornice, which goes along, in the movement, with the recesses and protrusions of the four pilasters resting on a rusticated pedestal placed at the sides of the central portal. On the lintel of the latter, decorated with triglyphs and rosettes, between two scrolls a niche is inserted which houses the statue of the Immaculate, while two more niches, open up at the sides of the portal,decorated with frames and elegant clamshell bowl, welcome the statues of St. Chiara on the right and St. Francis, on the left. The Baroque bell tower, which riseson the right side of the church, was rebuilt between 1722 and 173 following a collapse of the bell tower itself. It is marked horizontally into four sections by molded cornices and ended with a termination bulb. The ornamental refinement is entrusted to the alternation of rustication, of smooth pilasters, now marked by horizontal blocks, from the large openings bounded by balusters.In addition to the main entrance there is a second lateral one that opens onto Via Santa Chiara.
The interior,with a single nave, with a flat termination presbytery presents some side altars, made of simple shapes, but embellished with paintings of unknown painters of the eighteenth century.Of considerable interest is the rich wooden decoration, with its profusion of plant motifs that cover the soffits of the arches and complete the picture frames. On the second pillar on the right there is the wooden pulpit, with dense leafy scrolls decoration, carved and gilded, and with a big opened eagle carved in the base and ending with an elegant canopy; this is probably the work of workers from Lucania.The presbytery is enriched by an altar in white and polychromemarble, elevated on three steps, above which the canvas of Saints Francis, Clare and Antonio (around the first half of the eighteenth century). is positioned.Among the paintings it is worth mentioning the passing of St Joseph, the Martyrdom of the medical saints Cosmos and Damian, the Virgin and Child between St. Mark and St. Francis of Paola, St. Mary Magdalene, the repentant, and St. Stephen.The religious complex was founded thanks to the legacy of a priest of Altamura, Jacobutio de Cobutiis, who in 1519 donated many goods with the desire a monastery of the Poor Clares could be built. The monastery is still home to a community of the order of St. Clare, taking up an entire block in the heart of the old town center.

STORIA

LE CHIESE

LA CATTEDRALE

CATTEDRALE 3Nel 1232 l’imperatore Federico II di Svevia ne ordinò la costruzione, dedicandola all’Assunta. La rese chiesa palatina, dipendente direttamente da lui. A tre navate, in stile romanico, nel 1316 crollò quasi del tutto a causa di un terremoto. Re Roberto d’Angiò la fece ricostruire da maestranze bitontine con una nuova entrata e un portale scolpito che è attualmente tra i più belli di Puglia. La cattedrale fu ampliata nel XVI secolo, fu creato il presbiterio e il coro. Con l’arciprete Salazar (1550-1557) fu eretto il secondo campanile e furono inseriti sulla facciata tre grandi stemmi araldici. I due campanili furono sopraelevati nel 1729. Poco più tardi fu inserita la loggetta tra le due torri campanarie, con le statue in mazzaro della Madonna dell’Assunta e dei santi Pietro e Paolo. L’interno della fabbrica è a tre navate, divise da colonne. Nella parte superiore si ammirano i matronei con splendide trifore, molto probabilmente di età sveva. Nel XIX secolo l’interno della cattedrale fu interamente decorato in falso tardo-gotico per volere di monsignor Giandomenico Falconi (1848-1862). Il Portale E’ un capolavoro assoluto di scultura in pietra, risalente al XVI secolo, in stile tardo romanico. L’arco a sesto acuto contiene diverse formelle a bassorilievo che raccontano il grande ciclo narrativo della vita di Gesù. Di estrema rilevanza artistica, il portale merita da solo una visita a sè. Le colonne esterne poggiano su due leoni realizzati da mastro Antonio da Andria, nel 1533. Le colonne interne, invece, poggiano su due figure umane (XIII secolo): un atlante inginocchiato e un atlante seduto.

I matronei Rappresentano una straordinaria testimonianza della originaria struttura federiciana della cattedrale. A breve inizieranno i lavori di riqualificazione di questi spazi che saranno adibiti a Museo Diocesano.

La porta angioina Posta sul lato destro dell’edificio, fu fatta realizzare da re Roberto d’Angiò (XIV secolo). L’iscrizione latina posta nella parte superiore recita: Regia Cappella sono. Nessuno mi faccia guerra. Io Roberto, protetto dal re dei cieli, la proteggo. Porta del cielo sono e duce dei pii, che osservano i sacri dogmi dei miei dottori. Di interesse sono lo stemma angioino e il bassorilievo di San Michele Arcangelo nell’atto di uccidere il drago.

La torre dell’orologio Posta sul fianco, in fondo alla piazza, in stile gotico, fu costruita nel 1858 su disegno dell’architetto Corradino de Iudicibus.

Interno L’interno, a tre navate e a pianta basilicale, ha subito dei rimaneggiamenti nel corso dei secoli, in specie a seguito dei restauri voluti dall’arciprete Giandomenico Falconi, che hanno interessato la fabbrica tra il 1854 e il 1660. Difatti per chi entra, la chiesa si presenta riccamente decorata con marmi e decorazione a trompe l’oeil in stile neogotico, ad esclusione dei capitelli delle colonne nelle navate e delle trifore sui matronei, unici elementi originari duecenteschi. Oltre agli altari in marmo policromo sei-settecenteschi di scuola napoletana presenti in tutte le cappelle laterali, notevoli sono le opere pittoriche e scultoree che si conservano. Infatti nella prima cappella della navata sinistra è da menzionare il naturalistico Presepe in pietra policroma del 1587 attribuito alla bottega materana dei Persio.

Segue la cappella dell’Addolorata con le statue lignee del Cristo morto, realizzato da Giuseppe Nicola Altieri nella seconda metà del seicento, l’intesa e patetica Addolorata di Giacomo Colombo databile ai primi anni del settecento, e il Crocifisso ammanierato di inizio seicento; mentre nelle pareti laterali due tele ottocentesche di Giuseppe Maraschini raffiguranti a sinistra la Sacra Famiglia (copia da Raffaello) e a destra San Giovanni Evangelista (copia dal Domenichino). Nella terza cappella, in una nicchia, la raffinata e graziosa statua in pietra della Madonna di Costantinopoli del 1535, opera di Paolo da Cassano, ai lati invece due tele entrambe eseguite nel 1875, a sinistra con San Tommaso d’Aquino di Saverio Altamura, e a destra con Il profeta Elia di Camillo Miola. Entrando nella quarta cappella, alle pareti vi sono due dipinti eseguiti nel 1879 dal pittore Michele De Napoli, La morte di San Girolamo a sinistra, e il Battesimo di Sant’Agostino a destra; d’innanzi ci troviamo, poi, alla splendida e artificiosa macchina d’altare in marmo eseguita nella metà del XVIII secolo dal napoletano Crescenzo Trinchese, nella cui prospettiva è inserita la statua di San Giuseppe con Bambino, opera del 1654 riferita alla mano di qualche scultore gravitante nella bottega romana del Bernini; nelle nicchie laterali, invece, le due sculture lignee settecentesche raffiguranti i santi patroni della città, San Giuseppe con Bambino e Sant’Irene.

Nella quinta cappella trovasi nella parete di sinistra il dipinto di Giuseppe Boschetti (San Francesco di Sales, 1879), nella parete frontale l’opera di Francesco Lorusso (Sacro Cuore di Gesù, 1870), e in quella di destra il dipinto di Gustavo Nacciarone (San Vincenzo de’ Paoli, 1880). Proseguendo nella sesta cappella, scorgiamo al centro un frammento d’affresco raffigurante il Volto di Cristo, datato intorno alla fine del XIV, ultima testimonianza dell’antico apparato pittorico che un tempo doveva impreziosire l’intera cattedrale; di fianco invece L’angelo custode (1875) e la Presentazione di Maria al Tempio (1874), entrambe del neoclassicista Gustavo Mancinelli. Sul presbiterio, fa da quinta scenografica il coro con la teoria di santi rappresentati, un indiscutibile capolavoro finemente intagliato in legno di noce ed eseguito nel 1543 da Colantonio Bonafida, Teodoro Marzano e Candido di Fanello; sullo sfondo invece si staglia la tavola raffigurante l’Assunzione della Vergine, realizzata nel 1546 dal pittore toscano Leonardo da Pistoia. Lungo la navata centrale si dispiega in alto il soffitto ligneo, eseguito durante i restauri ottocenteschi, in cui si avvicendano gli stemmi degli imperatori e re dai quali, a partire da Federico II e fino ai Savoia, la Cattedrale Palatina di Altamura dipendeva direttamente. Inoltrandoci nella navata destra, partendo dal presbiterio, incontriamo la settima cappella, corredata nella parte di fondo dal dipinto degli apostoli San Giacomo e San Filippo, eseguito nel 1876 da Giuseppe Maraschini; di fianco a sinistra il San Bernardo di Pasquale De Criscito del 1877 e a destra Le tentazioni di Sant’Antonio abate di Francesco Sagliano del 1877.

Nell’ottava cappella, nelle pareti di sinistra e del centro, vi sono due dipinti di Francesco Lorusso raffiguranti Santa Barbara (1877) e la Famiglia di Maria (1868); nella parete destra invece Il martirio di San Massimo eseguito da Francesco Plantamura nel 1868. Di seguito la cappella di Sant’Irene con il dipinto eponimo del 1863 di Francesco Lorusso, mentre nelle nicchie ai lati si conservano le spoglie di San Massimo e Sant’Aurelio.

La decima cappella, invece, accoglie due tra i dipinti più significativi della pittura ottocentesca prodotta nell’Italia meridionale, a sinistra la Maddalena realizzata nel 1877 dal pugliese Francesco Netti e a destra la Conversione di San Paolo di Domenico Morelli che la portò a termine nel 1876. Nell’undicesima cappella sono allocate tre opere di Giuseppe Maraschini, a sinistra lo Sposalizio della Vergine del 1875 (copia da Raffaello), al centro Il Battesimo di Gesù del 1873 (copia da Alessandro Allori), e a destra la Trasfigurazione del 1875 (copia da Raffaello).

Proseguendo vi è l’ultima cappella di Santa Rosalia, la cui immagine è rappresentata nella scultura lignea seicentesca lì presente, mentre di fianco il Sant’Andrea Avellino di ignoto pittore meridionale e l’Apparizione di Cristo a San Francesco d’Assisi e San Filippo Neri da ricondurre alla mano del molfettese Nicola Porta e databile intorno al 1750.

Addossato alla parte nella controfacciata, infine, è situato l’antico ambone cinquecentesco in pietra, di ignoto scultore pugliese, sorretto da cinque esili colonne finemente decorati e costituito da altrettanti pannelli su cui sono scolpiti in rilievo le storie della vita di Cristo.

SAN NICOLA DEI GRECI

chiesas.nicolaFu costruita nello stesso periodo della Cattedrale federiciana per soddisfare le esigenze di culto dell’antica comunità greco-ortodossa stanziatasi alla fondazione della città. A navata unica con una facciata lineare con tetto a capanna e un rosone (ricostruito in epoca recente). Il bel portale fu arricchito nel 1576 dalle sculture a bassorilievo di Nicola de Gessa che raffigurano scene dell’antico e nuovo Testamento. Di particolare interesse, all’interno, è la rappresentazione statuaria di San Nicola di Mira, in sembianze orientali: volto scuro, mano benedicente “alla greca”. Nell’altra nicchia si può ammirare la bella statua della Madonna della Salette. Di notevole rilevanza sono anche le tele seicentesche e il battistero d’età sveva. Spicca lo straordinario soffitto di legno dipinto, con al centro un grande quadro raffigurante San Nicola.

SAN BIAGIO

chiesasanbiagioÈ posta a fianco Della chiesa di San Nicola dei Greci, su corso Federico II. Di antica origine ipogea, fu eretta nel 1628. Fu sede sin dall’inizio della Confraternita dei Calzolai di San Crispino. Possiede una semplice facciata, sormontata dalla statua di san Biagio. Non passa inosservato il grandissimo affresco posto sul lato sinistro che rappresenta San Cristoforo che traghetta Gesù bambino, opera dell’artista locale Maramonte. Originariamente di rito greco, come la vicina San Nicola, presenta una pianta quadrata con volta a stella. Interessanti le decorazioni a pittura su legno della porta interna e del ballatoio dell’organo.  

 

 

SAN MICHELE AL CORSO

SAN MICHELE AL CORSOFu edificata dalla potente confraternita del Purgatorio nel XVII secolo, dedicata appunto alle anime del Purgatorio. Ha una semplice facciata su cui spicca un finestrone rettangolare. La torre campanaria contiene due campane ottocentesche, quella a destra (1892) più piccola, quella a sinistra (1839) più grande. L’interno conserva pregevoli tele settecentesche e ottocentesche, tra le quali la Madonna del Purgatorio di Francesco Guarini, il maggiore pittore gravinese del Seicento. L’altare maggiore e il presbiterio sono dei capolavori del rococò. Stupendo anche l’organo ottocentesco dell’altamurano Tommaso Capitelli.

 

 

SAN GIACOMO

sangiacomoFu eretta molto probabilmente agli inizi del XVI secolo dalla famiglia Giannelli. L’attuale facciata, in stile rococò, fu realizzata nel 1754. Il grazioso campanile a vela è sormontato da una cuspide a bulbo. L’interno, molto semplice, è composto da una sola navata. Interessante l’acquasantiera in pietra con croce a rilievo risalente al XV secolo. Nella nicchia alle spalle dell’altare è posta una grande statua in pietra, raffigurante San Giacomo, opera della seconda metà del XVI secolo. Sulla parete destra campeggia una grande tela, realizzata nel Seicento. Degna di nota anche una tela raffigurante la Madonna (XVI secolo) e un reliquario in legno, contenente ossa e fiori (XVIII secolo).  

SAN FRANCESCO DA PAOLA

SAN FRANCESCO DA PAOLARecentemente riportata all’antico splendore grazie ad un accurato restauro, fu edificata nel 1582 e ristrutturata nel Settecento. Possiede una facciata semplice, ma contiene al suo interno gioielli di grande valore storico e artistico. I suoi campanili sono gli unici a poter fare a gara con quelli della cattedrale. L’interno è a pianta esagonale, si possono subito ammirare le splendide finestre degli antichi matronei, realizzate da graticci esagonali completamente in legno. Nelle cappelle laterali troneggiano due macchine d’altare in legno nelle quali spiccano due statue: quella di San Francesco da Paola e quella di Sant’Anna e la Madonna, realizzate interamente in legno dallo scultore Niccolò Altieri, finissimo artista rivalutato di recente. L’altare maggiore è imponente, probabile opera del Trinchese, notevole è la tela con la vestizione di Santa Chiara, opera di Andrea Miglionico.  

SANTISSIMA TRINITA’

chiesaSANTISSIMA TRINITA'Risale con molta probabilità al XV secolo. È sede di una antica e prestigiosa confraternita. La facciata, frutto di un recente rifacimento, conserva sul lato destro la cosiddetta “croce del pellegrino”, chiamata così perché era baciata da tutti i pellegrini di passaggio e che alloggiavano nell’Ospedale adiacente. Il bel campanile risale al XVIII secolo ed è sormontato da una cupoletta a cipolla. L’interno conserva l’impostazione cinquecentesca; di notevole interesse è una tela raffigurante la SS. Trinità (XVII secolo) di autore ignoto; sullo splendido altare maggiore (XVIII secolo), invece, campeggia una grande tela del Cinquecento che rappresenta la Trinità, opera di Pietro Antonio De Simone di Laterza.  

SAN DOMENICO

chiesasandomenicoAdiacente all’ex convento dei Domenicani, corrispondente all’attuale Liceo Classico “Cagnazzi” e, a piano terra, agli ambienti dell’Archivio Biblioteca Museo Civico, la chiesa di San Domenico fu eretta nel 1716. La facciata è realizzata in tufo ed è completata, in alto, dalla incantevole cupola, a pianta ottagonale, rivestita di lucenti piastrelle maiolicate, che raggiunge oltre 37 metri di altezza. Il campanile, incompleto nella parte superiore, presenta due piani di finestre. La seconda cappella a sinistra, chiusa da una balaustra marmorea, è dedicata alla Confraternita del SS. Rosario e contiene l’altare più sfarzoso e pregiato della chiesa, nella cui prospettiva è incastonata la grande tela di Giuseppe Porta (1748), raffigurante la Madonna del Rosario con San Domenico, Santa Caterina e Santa Rosa. La seconda cappella a destra (di San Tommaso d’Aquino) ospita una lastra tombale della famiglia Viti. Al centro del presbiterio troneggia il sontuoso altare maggiore, ricco di marmi policromi e magnifiche sculture, alle cui spalle si trova il coro ligneo, opera di un artigiano locale (1855). Sulla parete di fondo è collocata la pregevole tela della Sacra Famiglia (prima metà XVII secolo), attribuita al pittore Massimo Stanzione.

SANTA TERESA

santateresaEdificata nella prima metà del XVII secolo e distinta dall’annesso monastero, oggi sede del Museo Etnografico, era legata al culto della Madonna del Carmelo. La facciata, realizzata in pietra naturale, fu completata negli ultimi anni del Seicento in stile tardo rinascimentale. Il campanile, a pianta quadrata, risale al Settecento, mentre la bella cupola, anch’essa settecentesca, è realizzata in tufo con elementi decorativi in mazzaro. L’interno della chiesa, a croce latina, presenta un’ampia navata centrale con due cappelle per lato. La prima cappella a destra (del Carmine), presenta una bella balaustra e un altare in marmo policromo. Rilevante, nel tabernacolo, la portella originale in bronzo dorato e sull’altare una tela raffigurante la Madonna del Carmine, risalente al XVIII secolo. Sul lato sinistro spicca la lastra tombale della contessa Geronima Viti (1742). La seconda cappella a destra (del Sacro Cuore) presenta un altare in marmo simile a quello della cappella precedente. Degna di nota è la statua in legno raffigurante Sant’Antonio da Padova, opera di scuola napoletana della fine del Seicento. Di fronte è presente una statua ottocentesca in legno raffigurante l’Immacolata. Nella seconda cappella a sinistra (di Santa Teresa) è possibile ammirare una statua di San Francesco d’Assisi, probabile opera dell’artista locale Giuseppe Nicola Altieri, risalente al XVII secolo. La cappella di San Giovanni della Croce, la prima a sinistra, offre, sulla parete sopra all’altare, la tela raffigurante San Giovanni della Croce, risalente alla prima metà del XVIII secolo. Notevole è la lastra marmorea (1746) che riporta lo stemma coronato delle famiglie Filo e Colonna. Sulle pareti di fondo del transetto campeggiano due tele settecentesche, una raffigurante la Sacra Famiglia (metà del XVIII secolo) e l’altra l’Estasi di Santa Teresa (prima metà del XVIII secolo).

SANTA CHIARA

chiesasantachiaraFu terminata, nella sua prima fase costruttiva, nel 1679, anno in cui fu completata la costruzione della stessa, con annesso monastero, che ospitò poi le prime monache a partire dal 1682. La facciata, caratterizzata da una compatta muratura di conci ben squadrati, fu completata nel 1705-1706: un cornicione aggettante la divide in due ordini, e tre nicchie con le statue di San Francesco, a sinistra, l’Immacolata, al centro, e Santa Chiara, a destra, ne determinano il movimento. Il campanile barocco, che s’innalza sul lato destro della chiesa, fu ricostruito tra 1722 e 1723. L’interno, a una navata, presenta lateralmente degli altari, realizzati in forme semplici, ma abbelliti con dipinti di ignoti pittori del Settecento. Sul secondo pilastro a destra è collocato il pulpito ligneo, con fitta decorazione a volute fogliacee, intagliate e dorate, e con una grande aquila aperta intagliata nella base e terminante con un elegante baldacchino; si tratta presumibilmente di opera di maestranze lucane. L’area presbiteriale è arricchita da un altare in marmo bianco e policromo, elevato su tre gradini, al di sopra del quale è posizionata la tela dell’Immacolata e i Santi Francesco, Chiara e Antonio (prima metà del XVIII secolo). Il complesso religioso, fondato in seguito al lascito testamentario di un sacerdote altamurano, Jacobutio de Cobutiis, che nel 1519 donò numerosi beni col desiderio che fosse costruito un monastero di clarisse, accoglie ancora oggi una comunità dell’ordine di Santa Chiara, occupando un intero isolato nel cuore del centro antico della città.

SAN LIBERATORE

sanliberatoreAttualmente sconsacrata ed in completo stato di abbandono, sorge di lato all’arco seicentesco denominato della “Porticella. Dedicata anticamente a Santa Maria della Porta, alle sue spalle sono ancora visibili i resti di un bastione delle mura medievali della città, leggermente degradante a scarpata, secondo la tipologia delle costruzioni difensive, tipiche del XV secolo. La chiesetta di S. Liberatore si rivela nei suoi caratteri architettonici molto semplici: una cappella dalla forma a dado, la cui facciata presenta un modesto portale sormontato da una lunetta superiore a falsa ghiera, sulla quale si innesta il tamburo della cupola circolare, tipico dell’architettura bizantina. Sull’architrave vi è un’iscrizione in lingua latina che ricorda la sua costruzione avvenuta nell’anno 1527, alla fine della terribile pestilenza che colpì i cittadini altamurani, e che riporta l’antico e mitico nome della città: Altilia. Sugli stipiti, invece, sono incisi, a caratteri greci, due termini che indicano liberazione (Latoirosis) e Salvatore (Chp). Nell’ampio sepolcreto sottostante all’edificio e nel bastione della muraglia retrostante, vennero seppellite le numerose vittime della peste (le fonti parlano di oltre 3.000 appestati morti in quel periodo). Nei documenti la chiesetta è ricordata col nome di San Liberatore e di San Salvatore, e risulta ancora officiata nel 1751, data in seguito alla quale fu chiusa al culto e trasformata in abitazione civile.

SANTA MARIA DELLA VITTORIA (CAPPELLA CASTELLI)

SANTA MARIA DELLA VITTORIA (CAPPELLA CASTELLI)La piccola chiesa cinquecentesca rappresenta la cappella privata di Palazzo Castelli, ad essa adiacente. Reca sulla facciata lo stemma della famiglia.

 

 

 

MADONNA DELLA CROCE

MADONNA DELLA CROCE

La piccola cappella della Madonna della Croce, è situata a nord al di fuori del centro storico, posizionata lungo una via di devozione e pellegrinaggio che un tempo, partendo dal antico castello normanno non più esistente, raggiungeva la contigua chiesa rupestre di San Michele delle Grotte. L’impianto attuale della costruzione palesa caratteri cinquecenteschi, anche se la data 1298, leggibile nella parte bassa dell’affresco sull’altare maggiore, porrebbe la sua attestazione già sul finire del XIII secolo. Il prospetto esterno ha una struttura semplice, con tetto a capanna e cadenzato da due corpi di fabbrica dalle differenti volumetrie. La facciata, delimitata da pilastri angolari, presenta una lunetta in cui svetta lo stemma dell’arciprete Baldassare de Lerma, lì posto nel 1709. L’interno è a croce greca ed è scandito da quattro pilastri centrali che sorreggono una cupola seicentesca. Su uno di essi, lungo la parete sinistra, si conserva ancora una frammento d’affresco raffigurante la Madonna con Bambino, facente parte del ciclo pittorico cinquecentesco che un tempo doveva decorare l’intera fabbrica. Nella cappella di sinistra, invece, è possibile ammirare l’altare in mazzaro commissionato nel 1740 dalla famiglia Filo allo scultore Eugenio Giulio da Giovinazzo, mentre sulle pareti laterali vi sono i dipinti di San Gaetano da Thiene e di Sant’Andrea Avellino, databili intorno alla metà del XVIII secolo. Specularmente, anche la cappella di destra è adornata da un altare settecentesco in mazzaro, opera dello stesso lapicida pugliese e sulla parete di destra è collocata la tela settecentesca di San Trifone inginocchiato tra i vescovi Marcello, Libero e Lucio. Sul presbiterio, infine, fa da sfondo l’altare della Madonna della Croce, eseguito nel 1739, e adornato dalla sfarzosa prospettiva in legno dorato che incornicia, al centro, l’antica effigie ad affresco della Madonna con Bambino.

SAN LORENZO

sanlorenzoLa chiesa di San Lorenzo è situata a est, al di fuori del centro storico e nei pressi dell’antica porta dei Foggiali (da fogge: cisterne sotterranee un tempo adibite alla raccolta e deposito cerealicolo). Le fonti documentarie attestano la presenza della chiesa già a partire dal 1330, annoverandola così tra le chiese più longeve di Altamura. Tuttavia, dell’antica costruzione poco si conserva, fatta eccezione dell’iscrizione dedicatoria visibile sull’architrave d’ingresso, i cui caratteri gotici e il giglio angioino lì descritto, hanno permesso di datarla intorno alla prima metà del XIV secolo. I rifacimenti settecenteschi hanno stravolto completamente l’originaria costruzione. Difatti la facciata, dai caratteri barocchi, si presenta impreziosita da una cornice mistilinea, costeggiata lateralmente da due pilastri e sormontata da un tiburio ottagonale. L’interno, a pianta centrale, ospita ciò che rimane dell’antico arredo liturgico, di cui è possibile ammirare sull’altare maggiore un Crocifisso ligneo del XVII secolo e nella nicchia della parete laterale destra un manichino vestito raffigurante San Lorenzo, opera di ignoto scultore pugliese del XVIII secolo. È da menzionare inoltre che la chiesa conservava, fino al secolo scorso, una scultura raffigurante l’Ecce Homo, la cui esecuzione è da circoscrivere alla mano dell’andriese Francesco Paolo Antolini e databile alla prima metà del XVIII secolo. La presenza di tale effigie è da giustificare con il culto ad Altamura della processione dei misteri che durante il venerdì di Quaresima si snodava lungo le cappelle della Via Crucis e il cui svolgimento prendeva le mosse proprio dalla chiesa di San Lorenzo.

SANTA MARIA DELLA CONSOLAZIONE

consolazioneLa chiesa di Santa Maria della Consolazione si trova a sud del centro storico, nei pressi di Porta Matera, nella zona un tempo denominata “piana di San Marco”, ora Piazza Zanardelli. L’attuale edificio, costruito nel 1921 in stile neoromanico, sorge sulle antiche spoglie della chiesa seicentesca di San Vito, fondata nei primi anni del XVII secolo per volere del Capitolo Cattedrale. Esternamente si presenta oggi suddivisa in tre sezioni scandite da pilastri, cadenzato da bifore lungo tutto il perimetro e sormontata nella parte posteriore da un campanile a doppio ordine. L’interno, a tre navate, conserva il robusto impianto seicentesco dell’antica fabbrica, con pilastri e volute a crociera e al cui centro trova posto un cappellone aggiunto nel 1950. La chiesa conta di un apparato decorativo di elevata qualità, ritenuto tra le più interessanti nel panorama artistico pugliese. Infatti nella parete di fondo dell’altare maggiore è possibile ammirare la tela raffigurante la Madonna della Consolazione, opera eseguita nel 1635 dal pittore materano Giovanni Oppido, racchiusa dalla preziosa cornice seicentesca in legno dorato, frutto dell’intagliatore altamurano Ricuccio Papa. Nella prima campata, lungo la navata sinistra è posta la gran tela raffigurante l’apostolo San Matteo, databile tra il 1699 e il 1701, il cui notevole pregio compositivo e coloristico rivelano la mano di un valente maestro appartenente alla cultura veneta. A seguire sull’altare di San Vito, costruito nel 1865, vi è la statua in marmo del santo eponimo, datata intorno ai primi anni del seicento e attribuita a Michelangelo Naccherino, scultore fiorentino promotore di un rinnovamento artistico controriformato in tutto il Regno di Napoli. Nell’ultima campata infine campeggia la tela di Santa Maria di Costantinopoli tra Sant’Antonio e San Leonardo, eseguita sul finire del cinquecento da Francesco Curia, e ingentilita da una cornice lignea finemente intagliata e dorata.

SANT'AGOSTINO

SANT'AGOSTINO  6La chiesa di Sant’Agostino è situata al di fuori dell’antica cinta muraria della città. Essa sorge sulla diruta cappella di San Bartolomeo, concessa nel corso del XVI secolo dalla città ai padri agostiniani. Questi, come ci ricorda la data 1570 e lo stemma cittadino posti sull’architrave d’ingresso, costruirono una nuova chiesa, inizialmente intitolata a Santa Maria del Popolo, e l’annesso monastero. A seguito delle leggi napoleoniche e con l’Unità d’Italia il convento cessò d’esistere e venne trasformato in mattatoio comunale. La facciata si presenta incompleta e pur conservando l’antico portale cinquecentesco, rivela tuttavia nel disegno architettonico stilemi barocchi, frutto dei rifacimenti settecenteschi, in particolar modo nei pilastri compositi con capitelli corinzi e nel profondo finestrone alla cui base poggia un motivo decorativo a conchiglia. L’interno, a croce greca, conserva diverse lapidi sepolcrali di famiglie nobili altamurane legate all’ordine agostiniano. La chiesa è riccamente adornata da altari settecenteschi in marmo policromo di scuola napoletana, come quelli posti lateralmente all’ingresso, inquadrati da alzate in stucco che fanno da cornice ai dipinti del XVIII secolo raffiguranti San Nicola da Tolentino, in quello di destra, e la Madonna della Provvidenza, in quello di sinistra. Di seguito, vi è la cappella di Santa Maria della Sanità fatta erigere dalla famiglia Filo, i cui stemmi sono ben visibili sia sul pavimento in maiolica eseguito da maestranze napoletane nel 1750, sia ai lati dell’altare marmoreo che conserva al centro dell’alzata. in stucco policromo, l’antica effige seicentesca. Nella cappella di destra invece è collocato un dipinto seicentesco, caratterizzata da stilemi riformati, raffigurante la Vergine e Sant’Anna che presentano Gesù Bambino a Sant’Agostino. Sull’altare maggiore, infine, trova posto, in alto al centro, la tela settecentesca raffigurante Sant’Agostino che versa l’acqua della Sapienza a Santi e Padri della Chiesa, mentre nella nicchia a sinistra trovasi la statua in pietra policroma di San Paolo eseguita da maestranze pugliesi nel 1633.

SAN MICHELE DELLE GROTTE

San Michele_internoÈ un insediamento rupestre situato a nord, al di fuori del centro storico. Anticamente conosciuto come “Sant’Angelo della Rizza”, è uno degli ambienti ipogei più interessanti della città, per via dell’impianto strutturale e per le pitture parietali esistenti. La sua costruzione risale con ogni probabilità al X secolo, sorto come fondazione eremitica dei monaci di San Basilio, la cui presenza sul territorio altamurano è attestata in numerose chiese rupestri (vedi le cripte di Iesce, San Giorgio, Fornello). La facciata in muratura presenta, al disopra del portale d’ingresso, un’edicola cinquecentesca decorata con capitelli corinzi, in cui è conservata la statua in pietra di San Michele Arcangelo, opera, dalla chiara impostazione tardo-rinascimentale, eseguita sul finire del XVI secolo. L’interno, interamente scavato nel tufo, è costituito da volte basse, sostenute da cinque pilastri che suddividono la chiesa in quattro navate, ed è abbellito da un pavimento maiolicato eseguito a Laterza nel 1690. Pur presentandosi in origine interamente dipinta, la cripta conserva ancora affreschi degni di nota, tra cui, sul primo pilastro a sinistra, l’immagine a mezzo busto di Santa Lucia i cui caratteri stilistici predominanti la riconducono al XIV secolo, e, nella colonna successiva, il coevo San Nicola dei Greci, dalla testa nimbata, con il volto ieratico e la posa benedicente. Sul fondale della prima navata destra trovasi un’acquasantiera incassata a muro, incorniciata con decorazioni a racemi settecenteschi e sormontata da un cartiglio, la cui iscrizione rammenta il legame un tempo esistente con il santuario michaelico del Gargano. La seconda navata destra termina con l’altare barocco in pietra policroma dedicato al santo eponimo della chiesa, la cui effigie seicentesca tra i Santi Leonardo e Lorenzo è ben visibile nel registro in alto. Lungo le pareti laterali trovano posto, invece, le immagini di Tobia e l’Angelo Gabriele a sinistra, e di San Dioniso l’Areopagita a destra, databili tra fine cinque e inizio seicento. Segue l’altare maggiore in tufo, il cui paliotto è sormontato centralmente da una croce radiata ed è fiancheggiato da ampie volute. Nell’abside sovrastante notevole è il dipinto con la Deesis, in cui predomina l’immagine di Cristo benedicente con ai lati la Vergine e San Giovanni Battista, eseguito da anonimo frescante nei primi decenni del 1300. Infine, la prima navata sinistra termina anch’essa con un pregevole altare barocco in pietra, nella cui alzata prospettica era posta la statua di Santa Lucia, ora conservata presso il museo dell’A.B.M.C.

MADONNA DEI MARTIRI

Edificata nella seconda metà del XIII secolo, costituisce una della tante chiese di rito greco presenti nella città, e rimase tale fino alla fine del Cinquecento. Affacciata, come la piccola chiesa di San Liberatore, sull’omonima piazza, subì notevoli rimaneggiamenti nel XVIII secolo: in primis, il rifacimento dell’intera facciata in stile rococò. Entrandovi, sulla parete di fondo, si trovano l’altare maggiore, decorato con un altorilievo raffigurante la colomba dello Spirito Santo e due cornici laterali in stucco, di forma ovale, in cui furono collocati i dipinti di San Biagio e San Francesco Saverio (XVIII secolo) , e l’immagine affrescata della Madonna col Bambino, risalente, invece, al XVI secolo. Tra le altre opere, degne di menzione sono: la tela della Madonna dei Martiri di Niccolò Maramonte del 1799, quella di San Francesco Saverio (XIX secolo), un affresco cinquecentesco con Gesù Crocifisso tra San Biagio e Sant’Antonio da Padova, un’acquasantiera duecentesca in pietra ed una in marmo policromo che riproduce le armi gentilizie dei Viti e dei Santoro (XVIII secolo) di Altamura.

 

MONUMENTI E LUOGHI DI INTERESSE

MURA MEGALITICHE


muramegalitiche

Testimonianza del tipo di fortificazione di età classica (V-IV sec. a.C.), diffuso anche in altri centri della Peucezia, le mura megalitiche di Altamura si presentano come un doppio circuito: una cinta interna, più piccola, che racchiudeva l’acropoli, con un sviluppo di circa 1500 metri, ed una esterna, più ampia, che si estendeva per 3600 metri. Da intendersi come opera resa necessaria dalla particolare situazione in cui venne a trovarsi la gente indigena di tutta la Peucezia di fronte alle mire espansionistiche di Taranto e dei vicini centri lucani e sannitici, le mura megalitiche rivestono grande importanza dal punto di vista civile e militare. La tecnica costruttiva utilizzata prevedeva l’impiego di grossi blocchi (il termine “megalitiche” deriva, infatti, dal greco: mega, grande, e lithos, pietra), non sbozzati, disposti ad incastro tra loro, quindi assestati a secco. Le mura avevano una larghezza di 5,5 metri e un’altezza di oltre 4 metri. Il muro è costituito da due paramenti, uno esterno e l’altro interno, nella cui parte centrale, l’emplecton, si trova un composto di terra e pietrame. Nella cinta muraria dovevano aprirsi varie porte in corrispondenza delle vie di collegamento con i centri vicini; l’unica oggi conservata è porta Alba o Aurea, a cui è affiancata, all’interno, una torre a pianta trapezoidale. In corrispondenza di questa porta è stata rinvenuta una vera e propria necropoli con tombe a fossa e controfossa, databili – secondo i corredi tombali venuti alla luce nella campagna di scavo del Ponzetti (metà XX secolo)- al VI-V secolo a.C., quindi preesistente rispetto all’erezione della cinta stessa. La parte attualmente conservata dell’intero circuito murario, quindi ancora visibile, è di 1800 metri circa.

TEATRO MERCADANTE


TEATRO MERCADANTE

Costruito nel 1895 a cento anni dalla nascita del musicista Saverio Mercadante. Completato in soli sette mesi su progetto dell’ingegnere altamurano Vincenzo Striccoli, è stato recentemente restaurato grazie all’intervento della Teatro Mercadante srl che l’ha riportato all’antico splendore. L’ingresso principale del teatro, su piazza Saverio Mercadante, immette nel vestibolo che ospita il busto del musicista altamurano realizzato nel 1844 dallo scultore Angelini. Oltre il corridoio di sfogo si accede alla platea, a ferro di cavallo, dotata allora di 190 posti. Sopra questa prima fila ci sono altri due ordini di palchi ed il loggione (la “piccionaia”). Complessivamente la sala conta 60 palchi: 18 in prima fila, 21 in seconda e terza fila. Il loggione, ad anfiteatro, aveva una capienza di circa 300 posti. La decorazione delle mensole dei palchi del 2° e 3° ordine e del parapetto del loggione, con festoni e mascheroni, fu affidata al pittore altamurano Pasquale Rossi, il quale, come l’ing. Striccoli, prestò gratuitamente la propria opera. Il palcoscenico misura m 9,50×10 ed ha un proscenio di 3 m. L’arcoscenico è sovrastato da un medaglione con il ritratto di Mercadante dipinto da Pasquale Rossi (allievo dell’altamurano Francesco Lorusso e, prima, del napoletano Domenico Morelli). Il sipario, realizzato nel 1856 da Montavano (raffigurante Federico II di Svevia che assiste ai lavori per la costruzione della Cattedrale di Altamura), risultava piccolo rispetto alle dimensioni del boccascena del nuovo teatro, così Rossi dipinse in aggiunta, sulla destra, un gruppo di armigeri.

SANTUARIO DI MARIA SS DEL BUONCAMMINO


santuariobuoncammino

L’origine della devozione degli altamurani per la Madonna del Buoncammino si perde nella leggenda. Si racconta che un contadino si smarrì mentre raccoglieva verdura selvatica. Nell’oscurità, preso dall’angoscia, si rifugiò in una grotta e qui gli apparve una luce vivissima che muovendosi gli indicò la strada del ritorno. Il mattino dopo tornò alla grotta con la sua famiglia e alcuni conoscenti. Insieme a loro, sotto macerie e sassi, rimossa una grossa lastra di pietra, trovò un’immagine della Madonna con Gesù Bambino in braccio, dipinta sulla roccia. La grotta divenne un luogo di culto dove i viandanti si fermavano a pregare invocando la Madonna prima di intraprendere un viaggio. Per questo all’immagine fu dato il nome di “Madonna del Buoncammino”. Visto il gran numero di persone che si fermavano a pregare anche accendendo ceri votivi all’andata e al ritorno, per rendere più agevole l’accesso all’immagine, il blocco di pietra sul quale era dipinta fu estratto dalla grotta e collocato in un’edicola costruita appositamente a poca distanza, sulla via che portava a Bari.
Nel 1747 fu costruita una piccola cappella a forma di croce greca e successivamente, nel 1844, vi affiancò una più grande con la volta a botte e dotata di organo e arredi sacri. Intorno al 1950 il rettore Don Paolo Colonna dotò la cappella di un abside e costruì una sacrestia. L’11 settembre di quell’anno la cappella venne dichiarata santuario con decreto prelatizio di Sua Eccellenza Salvatore Rotolo, Vescovo di Nazanzio.

SAN MICHELE DELLE GROTTE


San Michele_interno

È un insediamento rupestre situato a nord, al di fuori del centro storico e attualmente inglobato nel tessuto urbano. Anticamente conosciuto come “Sant’Angelo della Rizza”, è uno degli ambienti ipogei più interessanti della città, per via dell’impianto strutturale e per le pitture parietali esistenti.
La sua costruzione risale con ogni probabilità al X secolo, sorto come fondazione eremitica dei monaci di San Basilio, la cui presenza sul territorio altamurano è attestata in numerose chiese rupestri (vedi le cripte di Iesce, San Giorgio, Fornello). La facciata in muratura presenta, al disopra del portale d’ingresso, un’edicola cinquecentesca decorata con capitelli corinzi, in cui è conservata la statua in pietra di San Michele Arcangelo, opera, dalla chiara impostazione tardo-rinascimentale, eseguita sul finire del XVI secolo. L’interno, interamente scavato nel tufo, è costituito da volte basse, sostenute da cinque pilastri che suddividono la chiesa in quattro navate, ed è abbellito da un pavimento maiolicato eseguito a Laterza nel 1690. Pur presentandosi in origine interamente dipinta, la cripta conserva ancora affreschi degni di nota, tra cui, sul primo pilastro a sinistra, l’immagine a mezzo busto di Santa Lucia i cui caratteri stilistici predominanti la riconducono al XIV secolo, e, nella colonna successiva, il coevo San Nicola dei Greci, dalla testa nimbata, con il volto ieratico e la posa benedicente. Sul fondale della prima navata destra trovasi un’acquasantiera incassata a muro, incorniciata con decorazioni a racemi settecenteschi e sormontata da un cartiglio, la cui iscrizione rammenta il legame un tempo esistente con il santuario michaelico del Gargano. La seconda navata destra termina con l’altare barocco in pietra policroma dedicato al santo eponimo della chiesa, la cui effigie seicentesca tra i Santi Leonardo e Lorenzo è ben visibile nel registro in alto. Lungo le pareti laterali trovano posto, invece, le immagini di Tobia e l’Angelo Gabriele a sinistra, e di San Dioniso l’Areopagita a destra, databili tra fine cinque e inizio seicento. Segue l’altare maggiore in tufo, il cui paliotto è sormontato centralmente da una croce radiata ed è fiancheggiato da ampie volute. Nell’abside sovrastante notevole è il dipinto con la Deesis, in cui predomina l’immagine di Cristo benedicente con ai lati la Vergine e San Giovanni Battista, eseguito da anonimo frescante nei primi decenni del 1300. Infine, la prima navata sinistra termina anch’essa con un pregevole altare barocco in pietra, nella cui alzata prospettica era posta la statua di Santa Lucia, ora conservata presso il museo dell’A.B.M.C.

LE PORTE E LE PIAZZE

Ubicate in corrispondenza dei quattro punti cardinali, le porte di accesso all’acropoli erano poste lungo la circonferenza del circuito murario risalente all’ età classica, poi fortificato in età medievale. Seguendo in senso orario il percorso della cinta muraria da Nord ad Ovest, si incontra la porta oggi meglio conservata (delle restanti porte, invece, non rimane nulla se non il varco di accesso): Porta Bari, a Nord, si presenta con un prospetto in stile barocco (1600), in cui sono inserite le statue, realizzate in mazzaro, dei santi protettori della città, S. Irene e S. Giuseppe, e sulla cui sommità vi è un ostensorio, segno di devozione al SS. Sacramento (XX secolo). Si affaccia su piazza Unità d’Italia, su cui campeggia una colonna con la statua della Madonna del Buoncammino.

Risaldendo su per l’estramurale si incontra la Porta dei Martiri. È comunemente detta la “Purtecedde”. Immette direttamente nella pizzetta omonima, attraverso l’arco, tutt’oggi presente, denominato anch’esso Arco dei Martiri. Era una delle porte secondarie, le cosiddette “Porte Piccole”, che in genere erano poste tra due porte maggiori. Tale accesso, infatti, si trova proprio tra Porta Graecorum, a Nord, e Porta delle Fosse, a Est. Fu edificata nel XIII secolo e con il tempo subì varie manomissioni, perdendo l’aspetto difensivo e trasformandosi in un semplice arco in pietra, sormontato da costruzioni di privati, che vi aprirono porte e finestre. Oggi, infatti, è possibile distinguere il portale a bugnato e l’arco a profondo fornice. A ridosso dell’arco si conserva un pezzo delle fortificazioni costruite durante la dominazione aragonese, come rifacimento delle vecchie mura costruite da Sparano da Bari.

Proseguendo, è collocata Porta Foggiali (non più esistente), il cui toponimo deriva dalle fogge o fovee che si trovano sotto l’omonima piazza attigua: si tratta di grandi cavità sotterranee, scavate nel banco calcareo, destinate alla conservazione dei cereali. A Sud, si trova Porta Matera (non più esistente), ricordata nella lapide ivi apposta, come la porta da cui fece irruzione l’esercito sanfedista capeggiato dal card. Ruffo nel 1799, motivo per cui la piazza su cui si affaccia, è detta piazza della Resistenza, a ricordo dell’eroica resistenza degli altamurani contro i sanfedisti. Infine, ad Ovest, è collocata Porta Santa Teresa, in posizione frontale rispetto alla chiesa omonima, da cui gli altamurani fuggirono verso le campagne limitrofe, durante l’assedio dei sanfedisti nel 1799.
Nel mezzo dell’asse viario Matera-Bari, l’attuale corso Federico II di Svevia, vi è la piazza principale: cuore religioso, sociale ed economico della città, piazza Duomo, detta anche Platea rerum venalium, un tempo a pianta quadrata, con porticato, in cui erano ospitate diverse botteghe, era luogo di residenza di alcune prestigiose famiglie di origine sia latina che greca, e su di essa si impianta la maestosa Cattedrale.

Tra le altre piazze del centro storico: piazza Matteotti, chiamata in passato piazza Castello perché sede dell’antico castello, di probabile epoca normanna, abbattuto nel secolo scorso e fino a qualche anno fa sede del più grande e tradizionale mercato ortofrutticolo della città; Piazza Municipio, presso cui si erge il Palazzo di città, un tempo sede del Convento di S. Francesco (1400); piazza Zanardelli, grande piazza alberata che si estende dalla Parrocchia della Consolazione alla chiesa di San Domenico. Contiene il Monumento ai Caduti della Prima Guerra Mondiale ed occupa parte dell’antico Planicio Sancti Marcii. Viene chiamata “villetta” per distinguerla dalla più grande Villa Comunale. Piazza Madonna dei Martiri, con la omonima chiesetta duecentesca di rito greco al suo cospetto, rappresentò uno dei luoghi cardine dell’antico tessuto urbano; piazza Don Minzoni, chiamata in passato Piazza Foggiali, antica piazza delle Fogge (o Fosse) situata nel centro storico, alla confluenza di via S. Caterina, via Già Corte d’Appello e via Matteo Cristiano. Costituiva il centro economico del borgo antico, in quanto nelle Fosse si conservavano le derrate alimentari per la città; nei pressi vi era l’edificio dell’antico Dazio.

Piazza San Giovanni, alle spalle della Cattedrale, nel cui mezzo vi era, un tempo, una chiesetta dedicata al culto greco. Altrettanto importanti, anche se fuori dal circuito murario dell’antica acropoli, è piazza Resistenza, chiamata così perché ricorda il luogo in cui l’esercito guidato dal cardinale Ruffo pose l’assedio alla città nel 1799. Sulla piazza si affaccia Porta Matera (non più esistente), una delle principali vie d’accesso al borgo antico. Nel XIII secolo tutto il pianoro fuori la porta prendeva il nome di “planitio Sancti Marci” dalla cappella di San Marco extra moenia.

Nel Planitio sorsero altre chiese, come l’Annunziata, Santa Maria di Loreto, San Vito poi chiamata Consolazione e i due conventi di Sant’Antonio e di San Rocco. In esso si svolgeva una fiera, che divenne famosa e per molti anni fu frequentata dai mercanti di tutte le aee del Regno di Napoli. La rilevanza della fiera è testimoniata da molti documenti storici. La fiera, nei periodi successivi, venne molto trascurata, perdendo la sua importanza. Piazza Mercadante è adiacente all’omonimo teatro, su cui sorge un monumento con il busto del grande musicista, opera di Zocchi.

I CLAUSTRI

Derivanti dal termine latino claustrum (spazio chiuso), in dialetto locale anche gnostre, i claustri costituiscono un elemento di unicità grazie alla loro storia e all’originalità architettonica. Rappresentano la simbiosi di varie etnie, chiamate ad Altamura dall’imperatore Federico II di Svevia nel 1232 con l’intento di ripopolare la città, concedendo esenzioni fiscali: greci, latini, ebrei, arabi. Testimonianza architettonica, dunque, della coesistenza pacifica di diverse comunità religiose, i claustri si presentano come piazzette, più o meno ampie, delimitate dalle abitazioni che vi si affacciano, che si aprono sulle vie principali del centro storico: da un vicolo stretto si accede al cortile, lievemente inclinato verso l’interno per la raccolta delle acque piovane- ospitano, infatti, al loro interno cisterne da cui le varie famiglie potevano, in passato, attingere acqua. Si contraddistinguono per la presenza di alcuni particolari elementi architettonici, anche se con qualche variante: scale, archi, balconate, logge, ballatoi, finestrini, terrazzini, anelli di pietra, “pesule”, e sono arricchiti da elementi ornamentali scolpiti nel tufo: mascheroni, stemmi, figure votive. La funzione svolta da questi particolari spazi del tessuto urbanistico di Altamura era principalmente di aggregazione di varie famiglie, ma anche difensiva- motivo per cui i claustri hanno una sola entrata. Tra gli oltre 80 claustri in cui è articolato il centro antico della città, alcuni sono particolarmente degni di nota.

Il claustro della Giudecca, collocato su Via S. Lucia, da Giuda, uno dei figli di Giacobbe che si stabilì nella regione della Giudea, è il più singolare per impianto planimetrico, costituito da una piazza ramificata: visto dall’alto, infatti, ricorda la Menorah ebraica (candelabro con tre bracci, corrispondenti a tre piccoli vicoli ciechi che si dipartono dalla piazzetta centrale). Il toponimo ricorda che questo claustro era abitato dalla comunità ebraica, una delle etnie più presenti e vive in Puglia sin dal IX secolo, dedita principalmente al commercio; all’ingresso dello stesso, in alto, una piccola cariatide denominata Sinagoga- posta lì quasi a protezione degli abitanti del claustro, dà il benvenuto a chi vi entra.

Tra gli altri, degni di una visita sono: claustro Tradimento, ubicato su Via G. Falconi, di media dimensione, il cui toponimo rimanda alla leggenda del presunto “tradimento” di alcuni altamurani che avrebbe fatto capitolare la città nel 1799, ritornando nuovamente sotto la monarchia dei Borboni, è caratterizzato da sculture a basso rilievo poste sulle pareti di un’abitazione (mascheroni apotropaici, fiori e conchiglie);

claustro Tricarico, in via S. Lucia, che prende il nome dal proprietario del palazzo ubicato all’interno dello stesso, professore di medicina presso l’Università degli studi di Altamura (metà XVIII secolo), presenta nella corte interna, oltre al pozzo d’acqua sorgente, anche i resti di una macina antica, usata per la lavorazione dei cereali;

claustro dei Mori, situato su via G. Santini, dedicato al gruppo etnico dei Mori o Saraceni, che l’abitarono fino all’arrivo di Longobardi e Normanni, si sviluppa al di sotto del piano di calpestio: vi si accede, infatti, scendendo una gradinata;

claustro Altieri, in via M. Continisio, dedicato allo scultore locale Giuseppe Nicola Altieri (fine XVI secolo), fine esperto nella lavorazione del legno, è ricordato anche con il toponimo dei “pupi”, riferimento palese all’esistenza di botteghe di artigiani in loco; claustro fratelli Salvatore, in via Laudati, presenta al centro un’antica cisterna d’acqua piovana di uso comun, è abbellito da archi e da una bella statua della Madonna con bambino, posta in un’edicola votiva; claustro Antodaro, in via Santa Chiara,a piano terra vi è un piccolo porticato delimitato da una colonna con capitello romanico. Su una finestra del primo piano si scorge una epigrafe latina e sulla parete destra spicca il bassorilievo di un mascherone. Fu abitato per lo più da sacerdoti e si tramanda che fu un ricovero per anziani.

PALAZZI STORICI

PALAZZO VITI – DE ANGELIS

PALAZZOVITIDEANGELISÈ forse il palazzo più antico di Altamura, sicuramente tra i più belli. Costruito probabilmente nel Quattrocento dal feudatario principe Raimondello Orsini del Balzo, su una fabbrica già esistente, è adiacente alle mura medievali, inglobato sulla Porta Bari. Si sviluppa su tre piani, occupando un intero isolato. Sontuoso è il portale rinascimentale che si affaccia su corso Federico II. Splendido il cortile interno, impreziosito da una scala d’onore e la cappella del palazzo. Il pavimento è lastricato in pietra calcarea (chianche) e finisce con una torretta merlata in falso stile gotico. Di pregio è il loggiato rinascimentale con eleganti colonnine e capitelli. Su un capitello è presente lo stemma dei De Angelis, la casata che acquisì il palazzo subito dopo i Del Balzo e prima dei Viti, che ancora lo posseggono.

PALAZZO MELODIA

palazzomelodiaSi affaccia in piazza Duomo, di fronte all’entrata principale della Cattedrale. Fu edificato a metà dell’Ottocento, su progetto dell’ing. Orazio Lerario. Palazzo Melodia è un edificio in puro stile neoclassico. Il piano inferiore è impegnato da 20 alte colonne, che sostengono un ampio balcone con 10 finestroni. Da sempre proprietà della nobile famiglia Melodia, fu acquistato interamente nei primi anni del ‘900 dall’agricoltore Giuseppe Incampo.

CASA NATALE DI SAVERIO MERCADANTE

saverio mercadantePoco rilevante dal punto di vista architettonico, è il palazzo dove nacque, nel 1795, il famoso Saverio Mercadante, tra i più grandi musicisti italiani dell’Ottocento. Si affaccia su Corso Federico II, di fronte alla chiesa di San Nicola dei Greci.

 

 

PALAZZO BALDASSARRE

PALAZZO BALDASARRA 3È situato su via fratelli Baldassarre, nei pressi di Piazza Foggiali. Si tratta di un edificio quattrocentesco, a tre piani, quasi completamente rimaneggiato nel Seicento. Capolavoro dell’arte edilizia del tempo, presenta particolari di alto valore architettonico, come il balcone in ferro battuto in stile barocco. Appartenne alla famiglia di mastri muratori Baldassarre, divenuti nel tempo tra i più importanti costruttori della città. Si ricordano, in particolare, i fratelli Michele e Giuseppe che svolsero un ruolo importante durante l’assedio delle truppe del Cardinale Ruffo, nel 1799. Fu fa un fondo di Michele, in quell’anno, che fu sradicato l’albero della libertà apposto in Piazza Duomo, simbolo della Repubblica Partenopea.

PALAZZO CASTELLI

palazzocastelliFu eretto fra il XVI e XVII secolo in forme rinascimentali dalla nobile famiglia Castelli, una delle più antiche della città. Si presenta intatto nella sua grandiosità, occupando uno spazio di notevoli dimensioni. Adiacente al palazzo è la chiesetta cinquecentesca di Santa Maria della Vittoria, cappella privata della famiglia Castelli.

 

PALAZZO FILO

palazzofiloFatto edificare dai conti Filo- una tra le famiglie nobili più antiche e prestigiose della città- tra XVI e XVIII secolo, a ridosso delle mura della città, conteneva una cappella dedicata a S. Filone martire, un santo orientale venerato dalle famiglie di origine greca- tra cui i Filo, appunto-, con due accessi, uno sulla strada per il pubblico, l’altro nel cortile interno per la famiglia. Ricordato tra gli edifici più interessanti del centro storico, il palazzo Filo conserva ancora la sua struttura originaria: due piani superiori, un pianterreno e un cortile interno, imponendosi per i suoi tre ordini spartiti orizzontalmente da cornici e per il rivestimento a piccole bugne squadrate che crea un notevole effetto chiaroscurale. Degno di nota è lo splendido portale centinato, inscritto tra due semicolonne che reggono un frontone spezzato, in cui sono inseriti la finestra superiore e lo stemma in chiave (stella crinita a sedici punte, insegna degli Orsini del Balzo- quando furono principi di Altamura concessero ai Filo di fregiarsi dello stemma del loro simbolico araldico-). Molto rimaneggiato specie negli interni, il palazzo Filo si appoggia al palazzo Sabini, cui per un certo tempo fu unito, per essere poi nuovamente smembrato. Nel 1799 divenne sede del Comando della Repubblica. Tra i personaggi che hanno dato lustro al casato si ricordano: Pasquale Filo, elogiato dal Re Ferdinando I d’Aragona nel 1514; Roberto Antonio Filo, vescovo in Calabria; Bisanzio Filo, vescovo di Oppido e di Ostuni nel 1698.

PALAZZO CALDERONI - MARTINI

PALAZZOCALDERONI- MARTINIUbicato quasi al centro di corso Federico II di Svevia, in posizione frontale rispetto al Palazzo Prelatizio, e adiacente alla piccola chiesa di S. Michele, il palazzo Calderoni-Martini apparteneva un tempo ai duchi di Sanarica, la nobile famiglia dei Martini, imparentata con altri illustri casati di Altamura, i Filo e i Sabini- lo dimostrano gli stemmi e le lapidi marmoree apposte sulla facciata-. Risalente al XVI-XVII secolo, l’edificio signorile, dalle linee e dalle decorazioni nobilissime, si mostra nella sua forte struttura: si affaccia su Corso Federico II di Svevia con un portale in ferro ed alcuni locali al piano terra; al piano superiore, si apre poi con una grande loggia a balaustra scolpita, con volte ad arco incassato, e con varie finestre, anch’esse balaustrate, ai diversi piani. Sul resto della facciata, sono degne di menzione due lastre in marmo, di cui, la più grande, ricorda il giovane Conte Guido Sabini, morto durante la prima guerra mondiale. L’ingresso principale, collocato nella via laterale di S. Michele, si presenta con un grande ma semplice portone, e ospita al suo interno un’artistica scala, dall’impostazione molto originale. Legato alla figura del fuggiasco Michele Martini, uomo dotto di legge, filo borbonico, diventato poi grande fautore del governo repubblicano in Altamura nel 1799, il Palazzo Calderoni-Martini passò in eredità ai Sabini, che lo ressero fino al 1989, per poi venderlo a costruttori che l’hanno recentemente restaurato.

PALAZZO VESCOVILE (GIA’ SEDE DELL’UNIVERSITA’)

palazzovescovileAddossato all’Arco del Duomo, lungo Corso Federico II di Svevia, è il palazzo vescovile, già Palazzo dell’Università. Come attesta una lapide affissa sul muro, la Regia Università fu fondata nel1748 con decreto del Re Carlo III, e diventò subito un florido centro culturale, tanto da consentirle l’appellativo di “Appula Atene”. L’Università fu mantenuta dal fondo del Monte a Moltiplico (rendite ecclesiastiche e risparmi delle confraternite laiche) istituito nel 1619 per erigere il Vescovato, mai effettuato, e utilizzato, quindi, per l’Università come Monte delle scuole. L’Università seguì, con la Rivoluzione del 1799, le infauste sorti della città. Nel 1811, dopo il breve periodo di Goacchino Murat, il Regio Studio fu chiuso.

PALAZZO DE LAURENTIS

PALAZZO DE LAURENTIS 2Si trova all’interno del claustro omonimo, lungo via Matteo Cristiano, non lontano dal palazzo Castelli. Il claustro è intitolato al liberale e cospiratore Luigi, che prese parte alla resistenza del 1799. Perseguitato dai Borboni andò fuggiasco, ma nel 1860 fu a capo del Comitato insurrezionale e del Governo costituito. Il palzzo omonimo conserva sull’architrave della porta di ingresso una scultura in pietra, in funzione di difesa e di custodia dell’abitazione.

PALAZZO GRIFFI

PALAZZO GRIFFI 1Sorge nella via omonima ed è una grande struttura del Seicento, costruita dai nobili Griffi originari della città di Ruvo. L’ingresso principale è nella piazzetta antistante la chiesa della S.S. Trinità. Il portale ad arco presenta decorazioni floreali, scolpite nella pietra, ed il viso di un cherubino. Al di sopra è posto lo stemma del Casato Griffi raffigurante un ippogrifo alato, un animale mitologico metà cavallo e metà uccello. Oggi il palazzo restaurato è abitato da altre famiglie altamurane.

 

 

 

PALAZZO PONZETTI - PERSIO

PALAZZO PONZETTI 4Si tratta di una struttura settecentesca, appartenuta al casato dei Persio. Un suo rappresentante, il novantenne Orazio, fu vittima infelice dei sanfesisti nel 1799. Oggi il palazzo è di proprietà della famiglia Ponzetti. Notevole è il portale con decorazioni scolpite a mano e colonne in pietra.

 

 

PALAZZO SERENA

PALAZZO SERENAReca sul portale del balcone centrale lo stemma del casato, a forma di scudo, sormontato da una corona baronale. Gli emblemi dello stemma sono rappresentati da tre stelle in capo, una fascia centrale con tre croci e in punta una Sirena. La famiglia ha antichissime origini romane e si diramò a Foggia e ad Altamura. Nel secolo XVI fu decorata della “Regia Familiarità” e annoverata tra le famiglie patrizie altamurane. Ai fratelli Serena,che si distinsero nei giorni del 1799 è dedicata la strada che circonda l’edificio. Da ricordare è il poeta, scrittore, senatore, ministro e uomo politico, Ottavio Serena, nato qui nel 1837 e deceduto a Roma nel 1914.

 

 

PALAZZO CASTALLI –PADRONE –CAPUTO

PALAZZOCASTALLI-PADRONEElegante palazzo neoclassico ubicato nei pressi della cattedrale, risale, nelle sue attuali sembianze, all’Ottocento.

 

 

 

PALAZZO CORRADI – TERZETTI – MARSICO

PALAZZO TERZETTI

Fu costruito nel 1594, così come ricordato dalla data scolpita nello stemma centrale della facciata. Nelle sue cantine, nel 1799, sarebbe avvenuto un atto di eroismo delle donne altamurane che, barricatesi in casa, sarebbero riuscite a catturate e rinchiudere in quella cantina, molti adepti del cardinale Ruffo.

 

PALAZZO DE GEMMIS - CAGNAZZI

palazzogemmis-cagnazziSplendida la facciata principale, di stile settecentesco, con ingresso a colonne e lo stemma del casato in alto. La costruzione era la residenza della famiglia Cagnazzi, discendente da Samuele de Samuele (seniore), nobile greco del regno di Macedonia, traferitosi ad Altamura nel 1554. Nel 1628 un certo Marino Cagnazzi donò a Samuele de Samuele (iuniore) tutti i suoi beni a condizione che lo assistesse fino alla vecchiaia, che aggiungesse il simbolo del “cane” allo stemma gentilizio e assumesse come secondo nome Cagnazzi (De Samuele Cagnazzi). Chi ha dato lustro al Palazzo sono i due fratelli Luca e Giuseppe De Samuele, grandi rappresentanti della nobiltà altamurana di fine Settecento. Giuseppe de Samuele, fratello del detto arcidiacono Luca, sposò del 1785 Elisabetta De Gemmis  e lasciò in eredità al figlio Ippolito il titolo di nobile “ab immemorabilis” e la proprietà del palazzo. Gli eredi di Ippolito (sposato con Antonietta Martucci) abitarono il palazzo per tutto l’800, fino a quando gli eredi attuali Raiola-Pescarini, imparentati con i Cagnazzi, vivendo a Roma e a Napoli, lo hanno venduto alla famiglia Clemente. Oggi il palazzo è sede dell’ Hotel San Nicola.Sulla facciata principale al primo piano è stato riposto lo stemma del casato comprendente i simboli gentilizi dei Cagnazzi e delle famiglie imparentate dei Nesti, De Gemmis e Lioy. Nell’atrio a sinistra una lapide riporta nell’iscrizione che il patrizio Michele De Gemmis nel 1829 poneva per conto della figlia Cecilia a ricordo della chiesa di Sant’Augustinello, fondata dai Flumaro e passata ala famiglia Corcoli prima e De Gemmis poi. All’interno del palazzo sulle volte delle stanze sono stati restaurati gli stemmi delle famiglie Nesti e Martucci. I due piani superiori sono stati trasformati in lussuose stanze d’albergo. La scalinata è impreziosita da un reperto in pietra raffigurante S. Nicola da cui l’albergo prende il nome.

PALAZZO MUNICIPALE

PALAZZO MUNICIPALEUbicato in piazza Municipio, ospita gli uffici comunali. Dal 1888, anno della demolizione del preesistente convento di San Francesco, il palazzo conserva lo stesso prospetto e assolve alle stesse funzioni politiche ed amministrative. Dell’antica chiesa e del complesso monastico, fatti edificare nel Quattrocento da Raimondello Orsini del Balzo, è conservata una rappresentazione grafica nell’Episcopio di Matera ed una seconda nella veduta di Altamura, in un quadro dell’Orlandi del XVIII secolo.

PALAZZO SABINI

PALAZZO SABINI

Ubicato in piazza Unità d’Italia, è un bell’esempio di dimora signorile del XX secolo. Edificato nel 1902 in forme neoclassiche, conserva al suo interno una bella scalinata in pietra.

 

 

 

PALAZZO VITI – LOIUDICE

palazzo vitiloiudiceFu costruito nel XVII secolo e utilizzato nell’800 come sede del tribunale istituito da Giuseppe Bonaparte con decreto del maggio 1808. La storia racconta che il Re, dopo una visita ad Altamura, devastata dagli avvenimenti del 1799, scelse la città a capoluogo del distretto di Tribunale di Giustizia per le province di Bari, Otranto e di Basilicata. La corte ebbe vita breve: fu inaugurata nel 1809 e trasferita nel palazzo offerto dal Conte Viti, dove restò fino al 1817, anno in cui i Borboni, tornati al governo, ne determinarono la soppressione. Oggi l’edificio appartiene alla famiglia Loiudice e conserva la sua dignità artistica nel bellissimo loggiato con gli stemmi della famiglia Viti.

 

PERSONALITA' LEGATE AD ALTAMURA

SAVERIO MERCADANTE


SAVERIO MERCADANTE copia

Giuseppe Saverio Raffaele Mercadante è uno dei più importanti musicisti italiani dell’Ottocento. Nacque nel 1795 ad Altamura e sin dalla giovane età iniziò i suoi studi a Napoli. L’esordio avvenne nel 1818; venne, infatti, incaricato di scrivere dei balli per il Teatro San Carlo. Riscosse grande successo soprattutto in Spagna, Portogallo e Austria. Amico di Gioacchino Rossini, nel 1837 ottiene un grandissimo successo con Il Giuramento, uno dei suoi capolavori. Nel 1862 perde la vista. Muore nel 1870. La sua produzione operistica è molto ampia. Nel 1895, a cento anni dalla sua nascita, gli altamurani inaugurano un nuovo teatro a lui dedicato. Nel 2013, dopo anni di abbandono, il teatro Mercadante è tornato a risplendere grazie all’intervento della Teatro Mercadante srl che, dopo un certosino e impegnativo restauro, lo ha restituito alla città.

LUCA DE SAMUELE CAGNAZZI


LUCA DE SAMUELE CAGNAZZI _ ABMC

Storico, matematico, economista, scienziato, nato ad Altamura nel 1764, condusse i suoi studi prima presso l’Università degli studi della sua città natale, successivamente presso quella di Napoli, dove si laureò. Menzionato nel novero degli uomini altamurani più illustri, fu uno dei più forti enciclopedisti del suo tempo, ma anche lirico e metafisico, geologo ed archeologo, teologo e botanico, nonché creatore, in Italia, della moderna scienza statistica. Insegnò dapprima presso l’Università di Firenze, in un secondo momento (1806-1821) in quella di Napoli. Inventò il tonografo, strumento utilizzato per lo studio delle vibrazioni del suono, la cui copia è attualmente conservata presso l’Archivio Biblioteca Museo Civico di Altamura. Finito sotto processo, morì a Napoli il 26 settembre 1852. Una delle sue opere pubbliche più importanti fu Leges in Cattolica Ecclesia vigentes apto ordine digestae. All’arcidiacono Luca de Samuele Cagnazzi è intitolato il Liceo Classico. Lo splendido palazzo Cagnazzi, ubicato nei pressi della chiesa di San Nicola dei Greci, è oggi sede di una struttura alberghiera.

TOMMASO FIORE


Tommaso Fiore

Nato ad Altamura nel 1884, è stato uno dei più importanti meridionalisti italiani. Da strenuo socialista, si occupò costantemente della condizione dei braccianti del Mezzogiorno. Nel 1920 fu sindaco di Altamura e a causa del suo forte antifascismo, nel 1942, fu incarcerato. Amico e collaboratore di Pietro Nenni, Piero Gobetti e Carlo Rosselli, fu uno dei più stimati intellettuali del periodo. Si spense a Bari nel 1973. La sua casa natale è ubicata in claustro Cinfio.

 

 

 

RAFFAELE E TINA LAUDATI

Raffaele e Tina LaudatiRispettivamente padre (Napoli, 1864-1941) e figlia (Altamura, 1910-2000), rappresentano due dei più illustri pittori nel panorama artistico nazionale ed internazionale. Raffaele, discendente da un’antica famiglia nobile di Altamura, tornò nella città dei suoi avi all’età di 14 anni, e successivamente, alla morte del padre, si trasferì a Napoli per completare gli studi, manifestando da subito grande passione per la pittura. Cominciò con il disegno, trasferitosi a Parigi, esercitando il suo estro nella caricatura; collaborò, infatti, con “La caricatura” e il “Charivari”. Risedette a Londra per una paio d’anni, ma rientrò in Italia dove studiò pittura col Morelli e fu iniziato al divisionismo da Previati e Segantini. Considerato uno dei più importanti pittori pugliesi tra XIX e XX secolo, è ricordato come maestro indiscusso della rappresentazione della luce. Fu autore di numerose opere: I derelitti, Donna che si sveste, Autoritratto (1926), Le maquis de vieux Montmartre (1928). Tina Laudati, guidata nella sua formazione pittorica in primis dal padre Raffaele, e dalla cultura della metropoli parigina, presso cui studiò, aderì all’impressionismo che si accentuò notevolmente al suo ritorno ad Altamura, in seguito al contatto col mondo popolare pugliese. L’artista ha rappresentato la realtà altamurana, sintetizzando una grande varietà di soggetti tratti dal vero. Il suo trasferimento a Napoli segnò l’abbandono dell’estetica impressionista per una maggiore attenzione alla grafica. Nel 1975, col suo definitivo rientro nella città natale, si dedicò alle nature morte e ai paesaggi murgiani, opere in cui è ancora notevole la volontà di rappresentare la luce. Tra le opere: la madre e il fanciullo (1938), attesa (1987), ritratto di donna con cappello, veduta cittadina, autoritratto. Dopo la prima esposizione delle tele di Raffaele e Tina Laudati nel 2009, presso il Palazzo di città, l’allestimento definitivo delle stesse tele è ora presente presso la pinacoteca dell’Archivio Biblioteca Museo Civico.

OTTAVIO SERENA


Ottavio serena

Nato ad Altamura nel 1837 da nobile famiglia, ricoprì, tra le altre, nel 1860 la carica di segretario del Governo provvisorio a Bari, quella di segretario del Ministro della Pubblica Istruzione Francesco De Sanctis, di sindaco di Altamura, consigliere e deputato provinciale, prefetto di Pavia, regio commissario al Municipio di Napoli, senatore del Regno, consigliere di Stato. Fu uno dei promotori e degli artefici della realizzazione dell’Acquedotto Pugliese. Ma la sua notorietà è legata, soprattutto, agli studi storici condotti sulla sua città natale. Si spense nel 1914.

 

 

PIETRO ORESTE

Pietro OrestePietro Oreste nacque ad Altamura il 3 gennaio 1839. Dopo aver compiuto i primi studi, a soli quattordici anni entrò in seguito a concorso (nel quale risultò primo) nel collegio Veterinario di Napoli dove conseguì il Diploma in Scienze Veterinarie e Agricoltura a soli diciotto anni, e divenne così medico e veterinario. Partecipò ai moti liberali del 1848 e dopo l’unificazione italiana divenne “Aiuto” alla cattedra di Clinica medica e Anatomia patologica nella Scuola Veterinaria di Napoli fino al 1867,poi titolare della cattedra di Zooiatria a Pisa. Nel 1875 gli fu conferito l’incarico di riordinare la Scuola Veterinaria di Napoli e ottenne la nomina di docente titolare di Patologia Clinica Medica presso l’Università della stessa città. Pubblicò numerose opere sui risultati delle sue ricerche, tra cui quelle sulla vaccinazione anticarbonchiosa e sul vaiolo enzootico dei bufali, il «Trattato delle malattie infettive degli animali domestici», e “semiotica ossia guida al diagnostico delle malattie interne degli animali domestici” scritto con la collaborazione di Giuseppe Marcone, suo allievo prediletto, pubblicato durante gli anni 1887-1899, che ancor oggi è ritenuta una delle migliori opere della letteratura veterinaria italiana. Si spense a Napoli il 9 settembre 1934.

MICHELE CONTINISIO


Michele Continisio

Poeta, storico e letterato, nacque ad Altamura il 4 giugno 1722. Fu membro dell’Arcadia Reale di Napoli e godette dei favori del re di Napoli, Gioacchino Murat, che lo nominò cavaliere e lo colmò di favori. Divenuto sacerdote, rivelò tendenze accorte e divenne Primicerio della chiesa di San Niccolò dei Greci di Altamura e nel 1777 nominato Vescovo di Giovinazzo e Terlizzi. Morì a Giovinazzo il 9 maggio 1810. Le opere che ci ha lasciato sono ricordate, non tanto per il loro contenuto, quanto per la tecnica con cui sono state scritte.

 

 

LEONARDO LORUSSO


Leonardo Lorusso

Leonardo Lorusso è nato ad Altamura il 16 maggio 1907 da una famiglia di imprenditori agricoli e banchieri. Suo padre, infatti, era stato fondatore della banca Sabini-Lorusso. Trasferitosi a Bari da giovanissimo si distinse durante la guerra per aver preso parte agli eventi bellici nei Balcani. Nel 1952 dal suocero prende le redini della società Saicaf s.p.a., “il caffè dei baresi”, fondata 20 anni prima. Oggi la Saicaf, sicuramente anche grazie al suo contributo, è la quinta azienda a livello nazionale per volumi di vendita, ed esporta il suo caffè in tutto il mondo. L’ intensa attività economica e sociale gli fu riconosciuta dalle autorità sia italiane che internazionali: fu nominato Grande Ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana e Console del Belgio per la Puglia dal Re Baldovino I nel 1967. Si spense a Bari l’11 agosto 1996.

 

DOMENICO MAFFEI


Domenico Maffei

 

Domenico Maffei è nato ad Altamura il 26 settembre 1925, ancora oggi è uno dei più importanti storici del diritto della nostra penisola. Laureatosi in Giurisprudenza nel 1947 presso l’Università di Siena, proseguì i suoi studi presso la Harvard University conseguendo il Master of Laws nel 1952 attraverso il quale si è fatto apprezzare nella comunità internazionale degli studiosi di storia e diritto. Tra il 1953 e il 1954 i suoi interessi si rivolgono principalmente verso temi di diritto comparato, commerciale e di diritto bancario e dell’economia. Dal 1956 in poi comincia a precisarsi la sua vocazione storiografica che dà vita ad un numero considerevole di scritti. L’Università degli Studi di Perugia, nell’ambito delle iniziative per il VII Centenario di fondazione dell’Ateneo, gli ha conferito nel 2006 la laurea honoris causa in Giurisprudenza. Socio di molte accademie nazionali ed internazionali, ha insegnato per lungo tempo Storia del diritto italiano all’Università «La Sapienza» di Roma.

 

GIUSEPPE GIANNUZZI


Giuseppe Giannuzzi

Giuseppe Giannuzzi nacque ad Altamura il 16 marzo 1838. È stato un importante fisiologo italiano. Condusse a termine i suoi studi preuniversitari primari e secondari presso il locale Seminario e Collegio Cagnazzi. All’età di diciannove anni, lascia il Seminario e dopo una breve permanenza a Napoli si trasferì all’Università Pisa dove, a 24 anni, nel 1862, si laureò. Sicuramente divenne assegnatario di una borsa di studio per l’estero conseguendo il duplice scopo di perfezionarsi in francese e di apprendere le più aggiornate tecniche fisiologiche. A Parigi fu alla scuola del parigino Claude Bernard, uno dei maggiori fisiologi del tempo. Vi rimase fino al 1863, quando si trasferì prima a Berlino alla scuola di Rudolf Virchow, il creatore della patologia cellulare e successivamente a Lipsia dove condusse ricerche nei laboratori di scienziati come Willy Kühne e Karl Ludwig. Le sue ricerche cessano nel 1875, altre saranno come lui stesso le definirà, esposizioni preliminari. Si spense a Siena l’8 marzo 187

 

VINCENZO LAVIGNA

Compositore e concertatore, nato ad Altamura il 21 febbraio 1776, da Ludovico Lavigna e Apollonia Carone. Iniziò i suoi studi di musica a dodici anni al Santa Maria di Loreto di Napoli. Nel 1797 fu dichiarato maestro di cappella e nel 1799 si rivolse, per ottenere un aiuto, al maestro Paisiello che, portatolo con sé a Milano, lo presentò all’impresario del Teatro alla Scala, Ricci, con il quale Lavigna cominciò a collaborare. Nel 1823 fu nominato professore di solfeggio, succedendo a Ferdinando Orlandi, presso il Conservatorio di Milano per alunne e dal 1832 al 1834 insegnò contrappunto e composizione a Giuseppe Verdi, dopo l’esclusione del giovane dallo stesso conservatorio musicale, dandogli lezioni private per molti anni. Il Lavigna non compose opere solamente per il teatro, ma a lui si devono anche lavori per orchestra, per organo e per canto. Morì a Milano il 14 settembre 1836.

ANGELO IGNANNINO

Angelo Ingannino è nato ad Altamura nel 1475, è certamente il più antico o uno dei più antichi compositori di madrigali, Angelo appartenne all’ordine dei Domenicani della chiesa di San Rocco di Altamura, fu insegnante e Maestro di Cappella nei principali conventi domenicani d’Italia tra cui Roma, Napoli e Venezia. Di lui si hanno poche e frammentarie notizie e finora non ci è giunto alcun documento musicale manoscritto o edito. Il primo a darne notizia è Padre Ambrogio del Giudice di Altamura, vissuto circa un secolo dopo, nel Seicento, appartenente allo stesso ordine, e nel suo libro “Bibliotecae Dominicanae”, ci informa che Angelo Ignannino fu un valente e apprezzato compositore di musica religiosa e liturgica, nonché di composizioni profane, quali madrigali a tre, quattro, cinque e sei voci. Anche sul luogo della sua morte non si hanno notizie certe, alcuni sostengono che sia avvenuta a Roma altri a Venezia nel 1543.

GIACOMO TRITTO

Musicista, nacque ad Altamura il 2 aprile 1733. Studiò contrappunto al Conservatorio della Pietà dei Turchini di Napoli, dove ebbe come insegnante il celebre maestro Cafaro al quale successe nella direzione del Teatro San Carlo. Nel dicembre del 1806, dopo l’unificazione di tutti i conservatori napoletani, entrò nella direzione del Real Collegio di Musica assieme a Giovanni Paisiello e Fedele Fenaroli. Nonostante la sua attività operistica fosse terminata nel 1810, continuò a scrivere composizioni sacre fino alla morte. Morì a Napoli il 16 settembre 1824.

FRANCESCO SANTORO PASSARELLI

Francesco Santoro PassaRelli è nato ad Altamura il 19 luglio 1902. Conseguita la laurea in Giurisprudenza, nel 1928 gli fu affidata la cattedra di Diritto civile presso l’Università di Urbino e successivamente ne divenne titolare anche nelle Università di Catania, Padova e Napoli. Nella sua vita ha fatto parte di numerose istituzioni: Accademico dei Lincei, socio ordinario della Società Nazionale di Scienze, Lettere ed arti di Napoli, dell’Accademia patavina e di altri analoghi enti, fu insignito della medaglia d’oro dei benemeriti della scuola, della cultura e dell’arte e fu presidente dell’Unione Giuristi Cattolici oltre che Direttore della rivista «Justitia». Dal 1960 al 1972 rivestì, anche, la carica di presidente dell’I.N.A. E’ morto a Roma il 4 novembre 1995.

FRANCESCO MARIA PONZETTI

E’ nato ad Altamura il 18 marzo 1910. Conseguita la laurea in Giurisprudenza, divenne per otto anni archivista di stato, distinguendosi per alcuni importanti lavori sui documenti altamurani e sull’ordinamento dell’archivio antico dell’Università di Roma, ma le sue aspirazioni miravano altrove. Dal 1943 al 1975 ha percorso la carriera prefettizia, da Consigliere a Prefetto, dedicando parte del suo tempo libero alla ricerca storica e archeologica. Effettuò alcuni scavi, con risultati di rilievo, nel territorio di Altamura, portando alla luce numerosi reperti, alcuni di grande valore. Si spense a Roma il 22 luglio 1994.